Vogliamo risposte… Il silenzio ci uccide!!!
Pubblichiamo una nota di un giovane reggino che condividiamo e contribuiamo a diffondere:
“Se, alle tre del pomeriggio, un uomo col casco e senza moto spara alle gambe di altri due uomini nel centro di Reggio vuol dire che qualcosa, nel controllo mafioso del territorio, è andato storto. Se, poi, le due vittime sono un imprenditore edile e un suo operaio che hanno appena iniziato a ristrutturare la facciata di un palazzo privato, vuol dire che questo qualcosa andato storto ha a che fare con i meccanismi criminali di taglieggiamento e spartizione degli appalti pubblici e privati. Chiunque abbia i piedi piantati a Reggio, e non sulla Luna, non se la sentirebbe di smentire queste affermazioni.
Certo, nulla di preciso si può ancora dire sul ruolo e il grado di coinvolgimento dei due feriti in questi meccanismi. Né sulle cause esatte della loro punizione. Ma questi sono dettagli di cui forse non verremo mai a capo e che, in ultima analisi, non contano.
Ciò che conta è che le cosche di ‘ndrangheta hanno lanciato, ancora una volta, il loro avvertimento di piombo a tutta la città. Agli imprenditori che avrebbero il diritto di operare liberamente sul nostro territorio così come ai cittadini che avrebbero il diritto di scegliere altrettanto liberamente da chi far eseguire i lavori nelle proprie abitazioni, a proprie spese.
Per questo, ciò cui davvero non ci si può proprio abituare è l’assuefazione colpevole di Reggio. Il suo incessante silenzio di fronte a simili sfide che la ‘ndrangheta le impone da decenni.
A nulla serve indignarsi e sfoggiare solidarietà quando ad essere minacciati sono le istituzioni e i loro rappresentanti se, invece, di fronte alla quotidiana aggressione violenta delle cosche, la reazione è nulla.
C’è da chiedersi, in questi casi, cosa esistano a fare non solo le istituzioni e il mondo politico, ma ancor prima le associazioni di categoria del settore e, più in generale, le rappresentanze del mondo imprenditoriale.
Questo loro assoluto silenzio, questa loro incapacità di abbozzare una reazione, anche quando non puzza di connivenza, grida al resto della città una supina, atavica accettazione di metodi e sistemi criminali.
Come potranno, in questo clima, i semplici cittadini trovare il coraggio di ribellarsi ? Che speranza può sopravvivere se sono gli stessi imprenditori organizzati, prime vittime delle vessazioni di racket ed usura, a sopportare tacendo lo scippo della propria libertà?
Sono domande semplici, quasi banali se non vivessimo a Reggio.
Richiederebbero risposte altrettanto semplici e, soprattutto, comportamenti conseguenti.”
Francesco Spanò