Il dono più grande
Alcuni Adulti Scout della nostra Comunità MASCI Reggio C. 4 svolgono, com’è noto, servizio di volontariato presso la struttura dell’Hospice di Reggio Calabria. Tra questi, Ivana Canale, Gregorio Costantino e Saverio Vespia. Pubblichiamo qui alcune riflessioni di quest’ultimo, circa la sua esperienza.
Le prime volte che entravo in Hospice mi sentivo in soggezione, il cuore ha guidato i miei passi e preso per mano delle splendide persone che quotidianamente lavorano in Hospice mi sono avvicinato subito ai pazienti, mettendomi in ascolto. Non servono tante parole in Hospice, molte volte sono stentate o faticose perché i pazienti sono stanchi, provati dalla sofferenza o forse semplicemente perché per loro il tempo si è dilatato in uno spazio senza limiti, fatto da giorni che susseguo l’uno all’altro senza variazioni significative, vissuti in ascolto della loro malattia e dei suoi segnali.
Allora basta un tocco, una mano che accenna una carezza o che indugia sulla loro semplicemente a far sentire che quel momento qualcuno è presente e li accompagna in quel cammino buio e incerto. Altre volte ci sono pazienti che cercano la compagnia e chiacchierano, raccontano, ricordano……. Allora ascoltare le loro parole diventa un piacere, un affacciarsi su un vissuto intimo e vivo, fatto di vicende, aneddoti, affetti talvolta molto intensi, qualche volta sofferti o faticosi, storie che affiorano con semplicità e chiarezza ma i sui contorni spesso sfumano nell’incertezza, velata di nostalgia di quel presente che ormai offre così pochi stimoli.
Sono tante le storie che attraversano l’Hospice, ognuna caratterizzata dai suoi colori: quelli forti della sofferenza, quelli pacati della rassegnazione, o ancora i grigi di chi non vuole accettare; ma tutti sono accomunati da una luce che emana dallo sguardo, nei loro occhi si leggono tutti i contenuti dell’anima senza veli senza falsità.
Ho imparato una cosa importante andando in Hospice, credevo di essere io a portare doni, il mio tempo, il mio sorriso, la disponibilità. Ho scoperto invece che ero io a ricevere il dono più grande: le persone che ogni volta incontro offrono se stesse completamente, senza filtro maschere, esse porgono la loro anima nuda, consapevole del cammino che sta affrontando.
Anche quando la loro mente sfugge o razionalmente si rifugiano in speranze di guarigioni ormai impossibili, i loro occhi sanno che comunicano un sentire profondo, inquieto, sereno, rassegnato, sofferente…. E sul filo di quegli sguardi avviene la comunione più intensa.
Sono convinto che fare volontariato non si esaurisca nei brevi momenti che si trascorrono nella struttura; è una condizione che ognuno porta con sé. Costantemente, nella vita di tutti i giorni, nel lavoro, nelle relazioni, nella normalità della propria esistenza. E’ un’esperienza che con gradualità cambia i connotati del proprio vivere; accresce la capacità di cogliere le sfumature, ridimensiona le esigenze e i bisogni che ognuno crede di avere.
Essere, rimanere nella relazione, semplicemente con il cuore aperto…..sono attributi indispensabili per stare a contatto dei malati terminali, ma sono anche le qualità che arricchiscono la nostra esperienza personale di nuovi significati di nuove opportunità di crescita interiore.
Reggio Calabria marzo 2011
Saverio Vespìa, MASCI Reggio C. 4