Il silenzio dei giusti
Pubblichiamo la lettera che il nostro amico e fratello scout Giuseppe Spinelli di Seminara (RC) ha inviato alla stampa locale, nazionale, internazionale, alle autorità e alle associazioni
Egregio Signor Direttore, Autorità tutte, Amici,
mi si perdoni se scrivo a tutti nella mia lingua paterna. Denuncio che nuove intimidazioni si aggiungono alle recenti e passate azioni per impedire all’azienda agricola che dirigo, di ben operare (cfr situazione al luglio 2011). Nel particolare il 22 agosto hanno incendiato un appezzamento vicino al confine nord della proprietà con vento a favore. Il fuoco si è così propagato ai terreni lavorati dell’azienda. Alle ore 11 in partenza per Palmi non registro alcun evento, alle ore 12,30 di ritorno, il fuoco ha coperto una striscia di terreno di trenta metri. Ho allertato i Pompieri, come faccio sempre per segnalare fuochi nelle vicinanze, e la squadra 1 dell’AFOR di postazione a S. Elia è intervenuta allo spegnimento. In ritardo, ma in tempo per scongiurare il peggio, in quanto a Seminara nessuno ha saputo o voluto dare indicazioni per raggiungere l’azienda sita in località Persicara nella frazione di S.Anna. Il giorno dopo, 23 agosto, alle ore 15,30 il fuoco ha ripreso in un’area marginale già spenta dai volontari dell’AFOR che era intervenuta con autobotte. Nessun altro è intervenuto.
Sono stati coinvolti circa 13 ettari di oliveto e i danni maggiori si hanno nell’oliveto storico dove una ventina di piante centenarie sono state distrutte e fortemente danneggiate. Ogni anno è la mia azienda ad andare a fuoco con un’operazione chirurgica che salvaguarda le proprietà vicine. E’ l’ultima intimidazione in ordine di tempo che si aggiungono ad altri abbruciamenti in altre aree dell’azienda da sei anni a questa parte, al pascolo abusivo con danneggiamenti alle coltivazioni e alle recinzioni esistenti, alle ricorrenti ruberie di materiali e attrezzature, alle minacce ai collaboratori occasionali di non venire a lavorare in azienda.Alle minacce di morte al sottoscritto vergate sui muri della casa padronale. Naturalmente nessuno sa nulla, nessuno è disponibile per una testimonianza risolutiva e chi sa prudentemente tace per evitare ritorsioni di chi questi atti criminosi commette.
Come diceva Martin Luther King: “non mi stupisce la malvagità dei cattivi, sono colpito dal silenzio dei buoni”. Mi chiedo in quale Stato viviamo e se è possibile che una comunità possa essere vessata in tale maniera senza reagire come fanno altri. Si rafforza l’opinione che non si voglia risolvere il problema e che la politica sia collusa disinteressandosi di tutelare i cittadini che dovrebbe amministrare.
Premessa.
L’azienda che conduco, titolata “Le Tre Querce” è un’azienda con coltivazioni arboree in biologico che ha una sua vocazione turistica e didattica. E’ sita in Comune di Seminara e insiste, al limite orientale, sui confini con S. Procopio e Oppido Mamertina. Da quando ho ereditato nel 1996 l’azienda, ho problemi socio-ambientali (un eufemismo che qui si usa per dire ‘Ndrangheta) ed è dal 2006, anno in cui non rinnovo l’assunzione di un salariato stagionale, che avvengono i fatti tendenti a limitare le potenzialità e lo sviluppo aziendale. Il motivo è che quel salariato agiva come se fosse il proprietario per mettere mano alla proprietà che altri, presumo, intendevano acquisire. Un modo di fare che mi irritava senza potere denunciare la cosa in assenza di testimonianze. Di seguito quando i fatti sono divenuti pesanti non ho più voluto piegarmi alle assunzioni prive del lavoro relativo, nè alle pressioni di alcun genere. Ciò ha creato un clima di tensione in loco.
In realtà, ancora prima del 2006, ad ogni supposizione di modifiche che si intendevano fare (ipotesi di vendita, rivisitazione del contratto, cambio imprese che lavoravano nel fondo) avveniva qualcosa in azienda (taglio alberi, abbruciamenti, furti, allontanamento lavoranti e di terzo contisti per i lavori dei campi). Il fine: il controllo dell’area per impedire che essa venisse venduta ad “estranei” e ad un prezzo di mercato invece di quello “proposto”: I continui interventi, quali gli abbruciamenti sono stati tali da ridurre artificiosamente il valore delle terre che già si vorrebbero acquisire a prezzi dimezzati.
Situazione.
Questa situazione ripetutamente denunciata alle autorità e, visti gli ingenti danni che mi impedivano il raccolto e quindi il guadagno, mi ha fatto pensare di fare domanda per accedere ai fondi di solidarietà. Nel tempo i danni avuti ammontano ad una cifra consistente ma, dopo tre anni e mezzo, si è ancora all’accertamento da parte delle competenti autorità e della magistratura. Né la prefettura ha mai risposto per iscritto o mi ha invitato ad un colloquio alle mie sollecitazioni. Per ovviare ai problemi connessi alla conduzione dei lavori aziendale ho dato incarico nel 2008 ad una cooperativa di Sinopoli “Giovani in vita”, collegata al Ministero degli Interni e abilitata alla gestione delle terre confiscate alla mafia, di provvedere alle lavorazioni. La Cooperativa mi offre supporto operativo visto che nessuna altro lo offriva quando ne ho avuto bisogno.
Paradossalmente, perfezionato il contratto con la Cooperativa, puntualmente si sono presentati altri offrendomi gli stessi lavori a prezzi minori. Da questo momento (anno 2008) i problemi invece di diminuire (esistevano in forma minore già prima e, segnatamente dalla fine del 2005) si sono acuiti. Senza alcun aiuto da parte di chicchessia: persino la benzina agricola non viene corrisposta perché l’azienda non possiede un suo parco macchine (sottratte negli anni 1998). Con grandi difficoltà, non ultime le procedure burocratiche, ho realizzato un agriturismo, con piccoli interventi conclusivi ancora da attuare, inviando al Comune, allo sportello Attività economiche della Comunità Montana Versante Tirreno Meridionale, alla Provincia e all’ASL i documenti per i necessari nulla osta.
Precedente criminoso.
La sera del 09 luglio 2011, durante una mia momentanea assenza, i soliti noti ignoti hanno sottratto all’azienda tutte le attrezzature che sarebbero servite al funzionamento dell’Agriturismo “Maria Sofia di Borbone” espressione dell’Azienda Le Tre Querce. Le porte di ferro sono state scassinate o scardinate e ogni cosa asportata. I danni ammontano ad un valore di circa 50.000 euro. La sottrazione della cucina industriale, frigoriferi, tavoli, sedie, materassi e computer portatili persino, mette definitivamente l’azienda di fronte ad altre scelte visto che paga ancora gli oneri bancari dovuti per i mutui contratti insieme ad ogni altra tassa e imposta dello Stato a cui si aggiungono i contributi alle associazioni di categoria e sociali che, come è risaputo non tengono da conto simili eventi che riducono la possibilità contributiva. Senza contare che praticamente da quattro anni non riesco a raccogliere le olive, vuoi per assenza di lavoranti, vuoi per distruzione diretta.
Sottolineo pertanto, a rettifica di quanto è stato scritto dai giornalisti, che non è la Cooperativa ad avere avuto i danni, né i 40 giovani soci, ma l’Azienda. La cooperativa funziona solo come fornitrice di servizi, ancorché l’azienda ne sia socia. E’ contro la mia persona e l’Azienda che si commettono tali crimini, come un tempo lo fu contro mio Padre. Per la Cooperativa semmai vi è una caduta di immagine, non essendo in grado di difendere il patrimonio affidatole. Nel caso specifico la cooperativa sta curando le pratiche agricole e di comune accordo si stava mettendo a punto una convenzione per la gestione dell’agriturismo, oltre alla conduzione aziendale. Visto che nessuno è in grado di poterlo o volerlo fare e chi si diceva interessato non ha dato più segni di vita.
La ‘Ndragheta distrugge tutto ciò che non riesce a prendere e/o comprare”.
Io credo che occorrerebbe togliere alla ‘ndrangheta la possibilità di investire in beni rifugio. A parte le azioni dirette di controllo e sequestro, sarebbe opportuno costituire un Demanio agrario da affiancare al demanio forestale, facendolo gestire a personale adatto e specializzato. I casi sono: o l’intervento dello Stato, o il patteggiamento con chi preme per controllare i posti lavoro e i benefici comunitari delle terre, oppure la svendita e l’emigrazione. Io ho scelto d’essere brigante e spero che cento, mille, diecimila altri briganti facciano fronte comune contro chi vuole toglierci dignità, libertà e qualità di vita. Insorgiamo. Vi è anche una disobbedienza civile come scriveva Thoreau.
Lettera aperta a Nemici, Amici e Indifferenti,
Avevo un sogno, I had a Dream, quello di riportare in Seminara la sua antica importanza, come nei secoli passati, al tempo degli Spinelli di cui porto il cognome. Dal 1998 sto conducendo la mia battaglia per condurre nel modo migliore l’azienda e senza perdite economiche. Imposizioni di vario genere non sono confacenti con la mentalità che ho acquisito fuori da questa Regione. Varie voci mi dicevano di andarmene e di non fare nulla “ché tanto i seminaroti non capiscono e sono mala gente”. Non ho creduto a questo pregiudizio e ho continuato: ho voluto l’olio biologico extravergine, la non coltura, il considerare l’oliveto come un bosco con una sua coltre di humus a protezione dei terreni, e l’agricoltura biologica pensando ai consumatori: puntare sulla qualità e la salubrità dei prodotti. Ho costruito strade inesistenti e potato gli olivi talché si potesse intervenire con una meccanizzazione che riducesse i costi di produzione. Ho ristrutturato edifici fatiscenti e, quale integrazione alle produzioni agricole che diventano sempre meno remunerative, stavo cercando di realizzare un agriturismo con annessa fattoria didattica. Ma forse la mia fiducia è stata eccessiva: in modi diversi si è impedito di fare ciò che potevo fare. Anche ai miei tentativi di vendere si sono avvicendati fatti atti a ridurre il valore dell’azienda e si sono minacciati gli acquirenti prospettando loro mazzette da dare per supposti oneri non pagati, tanto per stare tranquilli. Ai miei tentativi di avere un plus valore, anche occupazionale in Seminara (operai di area servizi, commercianti, artigiani) la risposta è sempre stata negativa, la città si vede, non ne ha bisogno. Il polo culturale e attrattivo che si voleva creare è ritornato nei cassetti visto che le mire di chi intende acquisire la proprietà o se ne crede di fatto il padrone e le imposizioni di chi crede di poter comandare senza averne lecita autorità, hanno avuto la meglio. Apparentemente.
Ho l’impressione di essere in pieno medioevo: famiglie contrapposte a famiglie, manipolazione dei testimoni che rendono il falso a favore dell’uno o dell’altro a seconda delle convenienze, denunce per supposte inadempienze di lavoro, dicerie su versamenti e pagamenti non effettuati, imposizioni di guardianie per evitare il peggio, abigeato, ladrocini, taglio di alberi e abbruciamenti come ritorsioni silenti ma non troppo. Vengono minacciati gli operai e le imprese, per lavorare bisogna chiedere permessi al locale, si impongono persino le persone da assumere. Se una ditta viene a lavorare in qualche maniera deve restituire, a non precisati locali, un qualcosa. Il territorio è lottizzato in modo invisibile ma presente e persino le attività commerciali svolte in piena luce non sono state mai censite e nessuno si è mai dato la briga di verificare se esistessero autorizzazioni di sorta. Sono attività non dichiarate che risultano inesistenti, con notevole danno per l’erario e per i procedimenti giudiziali.
L’aspettativa è avere un progetto approvato dalla Comunità per potere intascare i denari, non importa se poi le opere non vengono realizzate. Incomincio a non sapere più cosa pensare di una Regione dove persino nelle associazioni di volontariato si teme l’infiltrazione mafiosa: è proprio vero che i quattrini fanno girare la testa ed è anche vero che i contributi regionali vengono dati in modo alquanto strano. Vengono concessi permessi di cacciabilità su terreni recintati di altri come se invece fossero propri, come è avvenuto nell’Azienda Le Tre Querce. Qualsiasi costo lievita e i tempi si allungano inspiegabilmente rispetto al pattuito. Pochi vogliono condizionare i molti che rimangono in silenzio, e non vi è solo il procedere personale, ma anche lo sviluppo collettivo che qui sembra, non si voglia far fare. Le risposte a lettere di chiarimenti, precisazioni o promemoria chiedenti interventi risolutivi rimangono lettera morta.
Si sa, gli Enti pubblici con difficoltà danno mano alla penna per comunicare con i cittadini e si opta per la parola verbale, telefonica, salvo poi sconfessare tutto. La situazione è quanto mai allo stremo. Anche nel settore liquidità avviene qualcosa di simile: Banche di tutte le Nazioni che nel Sud rastrellano quattrini pretendendo oneri e interessi maggiori che in altre parti d’Europa e sono di fatto divenute usuraie dei poveri. Ci si trincera dietro la dizione: vi è maggiore dolenza al sud. Tutto ciò si aggiunge alle inevitabili tasse e imposte e ogni sorta di balzelli dello Stato e di altri Enti la cui presenza sul territorio è ormai superata. Gli Enti pubblici quando scrivono lo fanno tramite raccomandate con ricevute di ritorno: si tratta di avvisi che avvertono di morosità e interessi da pagare entro 40 giorni, molte richieste sono pretestuose ma i più pagano reputandole per giuste.
Lo Stato batte cassa per pagare gli sperperi di denaro pubblico. E poi ci si continua a lamentare che le cose non vanno o non ci sono quattrini, se non di peggio, con interventi di dubbia funzionalità pubblica che stranamente hanno costi maggiori rispetto a quelli di altre parti d’Europa. Intanto vedo circolare macchine di gran pregio e barche da diporto di ogni tipo che sono del tutto anacronistiche in un’area in cui la disoccupazione è così alta. Come è possibile?
Fatte queste premesse do ora spazio allo sfogo da imprenditore. Le scelte successive a questi fatti sono il loro conseguente risultato: 1- o risolvere con saggezza le cose, 2- o affrontare a pistolettate gli estorsori in differenti modi e poi consegnarsi ai carabinieri, farsi qualche annetto di carcere e uscirne con una nomea acconcia, 3- oppure seguire la strada delle continue denuncie anche se sembrano una forma sterile stante la attuale legislazione che dovrebbe tutelare chi il danno lo subisce piuttosto che la persona in generale. La via della saggezza non è stata possibile, la via delle pistolettate contrasta con il mio modo di vedere; non è rimasta che la via della legalità. In una situazione di tal genere mi sono rivolto alla magistratura, ai presidenti di Regione, al Ministro competente, alla stampa, a Libera nella figura dei suoi rappresentanti più famosi, a Reggio non tace, alla cooperativa Valle del Marro e ad altre numerose persone.
Il Ministro, il Prefetto e il Presidente della provincia e della Regione non hanno avuto certamente tempo per rispondere, presi da affari istituzionali; gli altri mi hanno rivolto parole di solidarietà senza interventi concreti a mio favore, quelli che hanno dato una risposta. Altri mi hanno dato disponibilità ma mi hanno proposto condizioni simili a quelle che mi avevano già proposto in modo diverso i locali, come se fosse una sorta di ‘ndrangheta buona, abilitata a gestire i problemi istituzionali. C’è infatti chi mi ha detto, come se fosse cosa propria: lasciate tutto in mano nostra e andatevene. Fino ad oggi nessun aiuto diretto né indiretto è stato dato da alcuno. Delle parole sacchi traboccanti. Delle buone intenzioni zaini ricolmi. Ne ho due borse piene. C’è sempre qualcuno che mi fornisce buoni consigli salvo poi defilarsi quando desidero cose concrete o testimoniare a mio favore: “questi non scherzano, ammazzano” dicono. “risparmiami, devo pur campare qui” continuano. “Chi è chiedo che ti fa paura, gli vado a parlare”. Mutismo imperante. E’ prassi consolidata di buon vivere, che alle volte condivido, parlare del peccato omettendo di pronunciare qualcosa che assomigli anche lontanamente al nome al peccatore. Mi dicevano: “Lei parla troppo. Non è cosa”.
Gli anni sono passati e i risultati sono evidenti nelle poche righe che seguono: per fare ciò che ho fatto ho impiegato il triplo del tempo e più moneta che se fossi stato ancora sul Lago di Garda (ho insegnato a Salò) dove, sono sicuro, sarei riuscito a realizzare ciò che volevo con l’aiuto concreto della Regione Lombardia che allora, quando sono partito per ritornare, illuso di poter essere utile alla regione di nascita, i problemi burocratici li risolveva con una celerità qui sconosciuta.
Considerazioni ulteriori.
Probabilmente la colpa è tutta mia che non ho voluto uniformarmi. Si vede che risulto antipatico, anticonformista, rompicoglioni, come qualcuno mi ha detto. Probabilmente non riesco a capire il modo di procedere di queste parti. Pensavo invece di venire a lavorare per la mia terra, mettere a frutto l’esperienza acquisita. Ma qui già tutti sanno fare tutto. Sono inutile. Mi dicono anche che sono coraggioso, salvo la precisazione, parlando con terzi, che ciò equivale a dire, nel gergo locale, cretino. Dovevo capirlo prima e mettermi con chi di dovere. Questo mi dicono.
Gente di Seminara concordate? Visto che la sapete lunga, consigliatemi: con Chi mi devo alleare? E’ ancora possibile? E non mi rispondete:”Jeu nu’n sacciu nenti. Vu’ dicimmu che vi occorreva un custode per guardare le cose vostre”. Grazie tante. Ciò che dite non mi serve a niente. E in ogni caso se il custode non me lo posso permettere non è una buona ragione per continuare a fare danni che ricadono sulla vostra economia generale: non ricavo pertanto non posso pagare salari di alcun tipo.
Non vi è dubbio che vi sia stato nei miei confronti un ordine venuto da chi crede di essere padrone di queste terre, vi accampa diritti e intende ostacolare ogni iniziativa che non si intaglia al quadro del supposto occulto suo potere. Il sospetto è che questo ordine abbia coinvolto Enti diversi che caparbiamente applicano leggi capestro allo sviluppo allungando i tempi e indirettamente gli oneri. Chi i denari li possiede e vuole scalzare gli altri, fa applicare leggi a suo uso e consumo. Cosicché la Regione Calabria su domanda di collaudo nell’ottobre 2010, me ne parla nel gennaio 2011, ma non procede al collaudo perché non vi è il DURC positivo. L’INPS contestando il datore di lavoro pensionato INPDAP e di 68 anni d’età applica multe, interessi e retroattività, senza voler addivenire ad una facilitazione di pagamento come succedeva in tempi anteriori al 2006 tanto che per una rateizzazione si finisce nelle mani di Equitalia (di cui l’INPS detiene la maggioranza delle azioni insieme al Ministero delle Finanze) con una lievitazione giornaliera di ogni onere. Il DURC viene rilasciato il 26 di Maggio 2011 e il collaudo avviene il 13 giugno 2011.
Mi dicono che alla fine delle lungaggini burocratiche per verificare la congruità dei documenti presentati si arriverà ad un tempo non ben definito di erogazione dei fondi già da me anticipati per creare sviluppo in Calabria. Non solo, un banale errore nell’IBAM come comunicato dalla banca, da me denunciato dopo il collaudo, blocca ogni procedura e invece di correggere il dato errato, mi si dice che occorre rifare tutto da capo. Strano modo di procedere, certo tutto legale, ma puzza di abuso di potere. Una altra banca a fronte di chiarimenti e assicurazioni verbali e scritte procede contro l’Azienda con intimidazioni verbali e scritte bloccando un fido che per una azienda agricola è fondamentale visto che i pagamenti di terzi avvengono sempre in ritardo. Non si hanno dunque denari per assicurazioni (che per l’area sono praticamente impossibili) e per un impianto di video-sorveglianza.
Né polizia e carabinieri sono in grado di venire incontro a queste esigenze pur a fronte di denuncie ripetute di furti e altri atti criminosi perché non vi sono fondi e tutto sommato un impianto videosorvegliante rimane un fatto privato. Ma perché devo pagare allo Stato imposte e tasse se non mi garantisce nulla a parte la disoccupazione e la fuga verso terre assai lontane? In continuazione si sentono Soloni che predicano sulla moralità. Faccio osservare che chi sta affogando non bada al pezzo di legno a cui attaccarsi. Se lo getta lo Stato, va bene attaccarsi …e se lo getta un ‘ndranghetista che faccio? Certo se voi preferite morire piuttosto che essere aiutati da un samaritano, non siete di questo mondo.
Fino a che punto gli enti pubblici sono collusi tanto che un intervento mirato possa influenzare l’iter burocratico? A meno che non si possa sospettare a qualche forma di corruzione. Non comprendo fatti legati al demanio, all’intervento del Consorzio di bonifica della Piana, delle denuncie al giudice del lavoro, dell’INPS e delle pastoie burocratiche in una regione che stenta a decollare. D’altro canto sono ormai 4 anni che attendo una risolutiva risposta da parte della magistratura e prefettura a riguardo dei fatti denunciati per accedere al tanto propagandato fondo di solidarietà. Ma pazienza, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, massima popolare che mi consolerà dei suoi effetti quando ormai distrutto potrò pensare a quello che sarebbe potuto essere senza vessazioni.
Pago per la fondiaria, pago sulla produzione, pago l’IVA, pago l’IRPEF, pago l’INPS, pago l’addizionale regionale e comunale, pago il Consorzio di bonifica della Piana, un Ente inutile, pago per i documenti utili ad aprire l’agriturismo, pago per avere certificati di potabilità (e sembra che solo l’ARPACAL possa farlo e chiede 3000 euro per fare le analisi e rilasciare il documento), pago per poter emungere acqua dai miei terreni, pagherò, ne sono certo, in funzione dei metri quadri impegnati nell’agriturismo: in compenso le arance si vendono a 0,08 cent al kg, l’olio extravergine biologico a circa 2,70 euro al kg e i costi consigliati per l’agriturismo sono di 30 euro a notte compresa la prima colazione e non più di 25 euro a pasto. A Seminara dispero di raggiungere mai questi traguardi favolosi.
Forse con una azione pubblicitaria ad ampio raggio. I ben pensanti mi continuano a sconsigliare dall’andare avanti. “E’ chiaro ormai che non ti faranno mai fare ciò che pensi. Sei una figura scomoda”. Mi dicono. Mi paventano macchine di ospiti distrutte e altre azioni contro chi mi aiuta. Altri mi consigliano di svendere tutto e ritornarmene da dove sono venuto. Incomincio a chiedermi se valga la pena continuare a combattere a sassate contro i carri armati.
Intermezzo storico.
Molto è cambitato dal tempo della conquista del Sud da parte dei piemontesi. Prima del 1861 eravamo la seconda provincia del Regno, oggi siamo diventati l’ultima. Con i Borbone, me lo si lasci dire, queste cose non avvenivano nelle forme così radicate anche nei pubblici poteri. Le associazioni criminali erano allora assai localizzate e controllate. Le infiltrazioni malavitose nella magistratura siciliana furono aspramente combattute da Ferdinando II che vi mandò il giurista Calà Ulloa (egli per primo all’inizio del XIX secolo parlò di maffia). Allora le leggi che riportavano indirizzi di comportamento generale venivano corrette in tempi brevi da rescritti per renderle più adatte ai bisogni della popolazione e al controllo del territorio. Invece oggi il tempo gioca a favore della criminalità organizzata, visto che lo Stato risulta meno funzionale, lento e burocratico. Se non volutamente assente. Non vorrei essere nei panni delle forze dell’ordine e della magistratura. Si procede con leggi vecchie di anni e alle volte rimaneggiate in tempi moderni per favorire tizio e caio, che spesso suonano incostituzionali e vengono applicate senza utilizzare un minimo di buon senso, a meno che non ti chiami Sempronio.
Conclusioni.
Il cittadino ha la sensazione che siano più protetti i malandrini rispetto a chi malandrino non è. Alla luce di quanto esposto capisco come moltissimi non si fidino di un’amministrazione che reputano anch’essa consenziente se non collusa, e continuano a stare in silenzio assoggettandosi ai voleri di chi comunque offre alternative e denari anche se spadroneggia. Per paura. E la paura si vince con la sicurezza, con uno Stato diligente, probo, attento ai cittadini e alle sue minoranze, alla cultura e ai valori, promotore di lavoro e servizi sociali. No, molti pensano che lo Stato non dia sicurezza. In tali condizioni non si riuscirà mai a distruggere la criminalità (che si riproduce con vita autonoma) che, alla stregua dei parassiti, come scrissi più volte a tutti, ci si deve sforzare di tenere sotto controllo. Distruggendo il vecchio non si sa che cosa verrà fuori dal nuovo: incertezza, violenza, intolleranza, incontrollabilità. Bisogna individuare gli emergenti, i cani sciolti, quelli che si muovono al di fuori di ogni legge e di ogni famiglia e controllare tutti gli altri perché non nuocciano. Se un mafioso finalmente apre una attività senza commettere reati, lo si controlli ma lo si lasci agire se vi è un ritorno verso la collettività.
La domanda che mi pongo a questo punto è la seguente: “Come fanno gli altri ad andare avanti e a costruire: sono stati criminali, sono fortunati, continuano ad essere criminali con protezioni varie, sono riusciti ad accedere ai fondi con raccomandazioni, sono collusi, o devo pensare di essere il solo incapace a fare e realizzare qualcosa? Di fatto sono un sequestrato dalla ‘ndrangheta o, se vi pare meno forte, agli arresti domiciliari.
Ci si stupisce dunque quando dico, per forzare la mano, che diventerò brigante come un tempo altri fecero per contrastare le palesi ingiustizie del sistema. Ma guarda caso né in Sicilia, né nella provincia di Reggio, né nel casertano, né in provincia di Napoli mai vi furono insorgenti a contrastare le imposizioni più o meno legali di un governo che non conosceva nulla del meridione.
Il Commissario di polizia a cui l’ho detto mi guardava pregandomi di non parlare così; certo ha ragione ma non voglio essere diverso da quello che sono e non metto in un cantuccio tutta l’amarezza che in questi giorni si è accumulata in me, né mi voglio dimenticare chi eravamo e da quale famiglia discendo, sia pure alla lontana. Affermo anche, vista la presenza marginale dello Stato che sembra appoggiarsi su una nuova società del bene in contrapposizione a quella del male, con una distinzione manichea (che però non esclude la raccomandazione, dei buoni s’intende o le lusinghe ai potenti al potere, senza domandarsi se sono corrotti o meno), che non è la ‘ndrangheta il peggior di tutti i mali finchè non avremo espiantato dallo Stato l’andazzo attuale: non è morale che persone indagate legiferino senza rispettare le leggi di questa nazione. Inoltre una legge che non fa il bene comune o crea discriminazione tra i cittadini va rigettata e non rispettata diceva San Tommaso d’Aquino. Io sono d’accordo. Per gestire bene la Nazione bastano molte meno persone, ma in gamba. Voi mi dareste torto?
D’altro canto che differenza esiste fra un terreno confiscato dallo Stato e dato in gestione ad una cooperativa accreditata e un terreno che di fatto la ‘ndrangheta ha confiscato e per necessità deve essere gestito da una cooperativa operativa con il Ministero degli Interni? Perché anche in questo caso non si forniscono gli aiuti necessari? Se vi sono differenze prospetto la illecita concorrenza a scapito di chi tenta di procedere con i propri mezzi.
Cari cittadini di Seminara, Piana e dintorni, se le vostre richieste fossero state congrue e possibili saremmo arrivati ad una soluzione come prospettavo nella lettera che ho inviato al Sindaco a riguardo di una collaborazione tra Azienda, commercianti e artigiani. Possiamo ancora rivedere il rapporto e sarà la cooperativa a fare assunzioni, a concordare con associazioni di servizi locali il lavoro, a lavorare i terreni e a organizzare ogni altra attività. Coperta dal Ministero degli Interni. Se c’è un rimedio lo si potrà trovare, altrimenti questa rimarrà la situazione e altri usufruiranno di ciò che avremmo potuto avere insieme. Continuando di questo passo io farò in maniera si insedino altri che comunque continueranno a contrastarvi.
Agite come meglio credete. Siete davanti alla scelta di una Seminara/piana operosa o di una Seminara/piana mafiosa. I giornalisti hanno ragione a scrivere quello che scrivono, ma se voi non li smentite con i fatti, continueremo ad essere additati come area di criminali e il nostro Paese non crescerà per i nostri figli. I figli dell’intera comunità, non solo quelli di “Mamma”: non è questo a cui aspirate? E allora che vogliamo fare? Non è una sfida, è solo una considerazione ad alta voce e per me un atto di sopravvivenza. Non so se ciò contribuirà ad aumentare il vostro risentimento che spero non sia stato alimentato dalla stupida e mal fatta fiction sulla famiglia Spinelli che Rai 3 ci ha propinato, e mi appello alla vostra coscienza assopita.
Ma forse è chiedere troppo in un territorio in cui l’arroganza e il raggiro sono di mestiere, dove la raccomandazione illecita è lecita, dove il rivolgersi al potente di turno per avere un beneficio è la prassi, dove la falsa testimonianza è un diritto, dove il servilismo fa promettere ciò che non si può mantenere, dove l’impegno nel malaffare dei pochi sopperisce all’indifferenza dei molti. Dove la responsabilità è sempre degli altri, il sotterfugio il mezzo per emergere e la menzogna il solo modo per non soccombere. Se il S. Giuseppe posto nella chiesetta del mio podere non fosse stato bruciato, forse qualche intercessione poteva farla alla Madonna dei Poveri e salvarci tutti. Ma anche questa è acqua passata. Un’occasione perduta:della statua di San Giuseppe è rimasto solo un piede, come voi tutti ormai sapete.
Giuseppe Spinelli, agricoltore.
Seminara, 24.08.2011