Un panino con la ‘nduja
Un panino con la ‘nduja, grazie
1.Come imparare da perfetti estranei
2. Riflessioni sul nostro movimento di adulti scout
Premessa: Un panino con la ‘nduja, grazie.
Nel tratto a scorrimento veloce Lamezia Terme-Catanzaro, in un vecchio casolare, ormai da tre generazioni una famiglia di un borgo catanzarese, Panettieri, gestisce una piccola attività di degustazione, prevalentemente di panini locali da preparare al momento con prodotti tipici della tradizione calabrese. I camionisti, non potendo arrivare direttamente al casolare, parcheggiano sullo svincolo e scavalcano la recinzione grazie ad una scaletta, appositamente per loro posizionata, anch’essa da decenni. Spesso, quando mi ritrovo su quella tratta per motivi di lavoro, mi fermo a consumare un frugale pasto meridiano, non potendomi sottrarre soprattutto alla ‘nduja locale, salume tipico morbido piccantissimo.
Come imparare da perfetti estranei
In realtà, il panino, seppure dal gusto eccezionale, non giustificherebbe le varie deviazioni di percorso per raggiungere il casolare, e la motivazione di questo mio appuntamento non scritto è un’altra. In quei venti metri quadrati, succedono delle cose incredibili. Perfetti estranei, avventori, si ritrovano a sedersi in un rettangolo, e a mangiare il panino. Ci si ritrova accanto a funzionari della vicina Regione, imprenditori di passaggio, camionisti, impiegati, operai, giovani studenti. Tutti accomunati da un panino. Non ci sono barriere, siamo tutti uguali, abbiamo tutti pari dignità. E, sempre e comunque, in quei quindici minuti si affrontano tematiche sociali, culturali, etiche, politiche, con un contraddittorio e una ricchezza e diversità di opinioni che neanche il migliore dei conduttori televisivi avrebbe mai potuto racchiudere assieme.
Alla fine della colazione, tornando a casa, penso spesso a quante cose imparo in quel breve periodo, da perfetti estranei, attorno ad un panino con la ‘nduja. Per esempio, l’ultima volta, la conclusione magistrale del nostro gestore del locale, tenendo con una mano una forma di pecorino e con l’altra un coltello affilato, discutendo dei disastri provocati dalle alluvioni o dagli smottamenti di varia natura, è stata più o meno questa: volete sapere perché ci riduciamo sempre così? Perché non c’è più nessuno che, realmente, è presente sul territorio. Il progresso e le nuove tecnologie cui ci parlano, hanno prodotto tanti burocrati, tante persone dietro i computer, ma lì, fra la gente, sulla strada, chi ha ancora la passione ed è capace di trovare le migliori soluzioni e realmente attuarle per preservare la natura?
Riflessioni sul nostro movimento di adulti scout: dalle linee programmatiche alle candidature.
La morale indiretta, per noi scout, è ormai un patrimonio metodologico a partire dall’ambiente fantastico dei nostri fratellini più piccoli. Ma forse anche per noi adulti, a volte, potrebbe essere utile. In questo momento di preparazione all’Assemblea Nazionale di Bardonecchia, fondamentale per la stesura delle nuove linee programmatiche e per l’elezione dei quadri nazionali, fervono articoli, incontri, dibattiti, richieste di rinnovamento più o meno velate o comunque gentili.
Io, ho deciso di non candidarmi. Per essere sinceri, preliminarmente perché nessuno me lo ha chiesto. Tranne la Comunità di cui sono magister, che certamente mi vuole molto bene, a chi dovrebbe venire in mente di proporre la candidatura di un magister sconosciuto seppure di una comunità giovane e attiva sul territorio? Ma, sostanzialmente, non mi candido perché è vero ciò che sostengono, attualizzato per noi scout, nell’ultima chiacchierata i miei amici/perfetti estranei del panino meridiano: i valori e i principi di un movimento scout si riconoscono nella misura in cui ci siano persone, adulti scout nel nostro caso, capaci di appassionarsi alla relazione concreta l’un con l’altro, al servizio agli ultimi senza notorietà, alla presenza significativa nelle reti sociali locali, al tentativo di dare contributi educativi e risposte ferme con gesti concreti a chi impedisce la nostra cittadinanza attiva, siano essi politici, mafiosi o attentatori dell’ambiente e salute pubblica.
A Bardonecchia, però, vorrei esserci. Vorrei tentare di raccontare alla nostra assemblea elettiva di come si possa e si debba, “salire” sulla strada e nella vita di ogni giorno, affinchè finalmente il nostro portare, fisicamente o idealmente, il fazzolettone al collo possa essere visto da tutti come elemento di testimonianza e aggregazione.
Vorrei tentare di proporre, nelle future linee programmatiche, rivoluzioni copernicane vere, che considerino gli eventi come strumenti e non come fine, e abbiano come principale obiettivo la consapevolezza di un MASCI che possa, dualmente, da una parte raccogliere le lacrime di chi incontra, dall’altro diffondere da nuovi pellegrini la gioia di vivere con l’altro e per l’altro.
Linee programmatiche che non abbiano paura di dire chiaramente come la pensa il MASCI, sull’accoglienza degli immigrati, sul rapporto nord sud, sulla lotta alla criminalità, sulle scelte ambientali forti, sull’essere Chiesa di prossimità, anche a scapito di perdere qualche associato, per poi scoprire quante persone, associative e non, improvvisamente ci riconosceranno per questo.
Anche ai candidati vorrei dire qualcosa, ai cari sorelle e fratelli scout candidati, dateci una forte mano. Non chiedetemi di votarvi perché siete filo -residente o filo-segretario, ma invece aiutatemi a comprendere le vostre idee, il vostro patrimonio esperienziale e la vostra voglia di mettervi in gioco.
Tenete a distanza chi vi propone accordi fra regioni, fra comunità, fra non so chi, ma invece “salite” al livello degli associati, scrivete e dite di voi.
E tu, elettore, potresti scoprire orizzonti vicini fra terre lontane, scoprire che un calabrese riesce idealmente a rappresentare un lombardo perché condivide l’essenza ad esempio di essere strumento di cambiamento nel creato, e io scoprire che un veneto è il mio rappresentante ideale perché con me non aiuta soltanto gli ultimi, ma gli apre il cuore e le porte.
Chissà, se il vento del Papa Francesco arrivasse pure al Masci, come sarebbe il nostro movimento nei prossimi anni…
Pietro Milasi
Già Magister Comunità Reggio Calabria 4
“Mons. Giovanni Ferro”