Commento al libro di Mons. Morosini
Pubblichiamo un commento di Don Pippo Curatola al libro di Mons. Morosini, Arcivescovo di Reggio C.-Bova, “L’Enciclica Lumen fidei e l’analisi dell’atto di fede”
Vorrei cominciare con una domanda, una domanda che affonda le radici dentro i millenni di una storia ed insieme dentro lo scenario della coscienza: ma la fede è un dono o un racconto?
Mi piace ragionare tentando di entrare nel cuore di un non credente, uno fra i tanti con i quali magari ho dialogato davvero.
Se la fede è un dono – egli mi dice – qual è la mia colpa, se non l’ho ancora ricevuto? E se è un “racconto”, perché non lo si fa anche a me? Perché vorrei capire se questo racconto, in fondo, è una favola o una storia vera… Se è una favola, la contempliamo insieme da buoni amici, ma io rimango nel silenzio che mi avvolge, nel dubbio che mi assilla… Ma, se è una storia vera, perché nessuno mi fa capire cosa c’entra quella storia con la mia vita?
E’ il grido inespresso, magari, di un ateo; ma anche di un viandante che cerca… Cos’è la fede? Mi riguarda? E’ un dono, un racconto? Cos’è l’atto di fede? Voi che vi dichiarate credenti…fatemelo capire! Chiesa, che parli continuamente di fede, dimmi cos’è… e dimmelo in un linguaggio che tenga conto della mia situazione, del mio distacco…
Fatemelo capire per favore!
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L’Enciclica Fidei donum, scritta a due mani da papa Ratzinger e da papa Bergoglio, o meglio scritta da Benedetto XVI e portata a conclusione da Francesco I, è – mi piace dire – “abitata” – come fa capire mons. Morosini nella Presentazione di questo libro, che offre proprio su quell’Enciclica singolari spunti di meditazione – da una teologia “prodotta dalla mente” e da un’altra “prodotta dal cuore”, in una sintesi straordinaria.
La “teologia prodotta dalla mente” è quella classica, perenne; è la teologia “tout court”, la teologia che diventa “discorso su Dio”, “lògos toù Theoù”: quella teologia, che attinge alla Verità e la offre in “tesi” precise, che hanno il dono del rigore logico e della fedeltà al Magistero perenne della Chiesa.
La “teologia prodotta dal cuore” non mette in dubbio nulla della teologia “prodotta dalla mente” (sarebbe assurdo se lo facesse!); ma offre, come dice Morosini, un’ampiezza veramente eccezionale”.
L’una e l’altra – messe insieme – ci offrono delle “coordinate teologiche, filosofiche, spirituali, psicologiche” perché noi si possa capire l’atto di fede nella sue dinamiche interne e lo si possa professare nella libertà di una scelta.
E’ decisamente chiaro ed insieme articolato il discorso che fa Morosini.
Un discorso, che egli sviluppa nelle circa 160 pagine del testo. E lo sviluppa come un “itinerario”, lungo il quale la teologia prodotta dalla mente e la teologia prodotta dal cuore camminano per mano, come sorelle. Verso una meta.
Quale meta? Quella, in fondo, che tenterà e riuscirà ad offrire – all’ateo che non crede o al viandante che cerca – le risposte a quelle domande da me proposte all’inizio.
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Un “cammino”, dunque, dentro questo libro. Un cammino lungo, con tappe brevi. Un cammino percorso dentro 17 scenari: dall’Introduzione alla Conclusione, attraverso 17 meditazioni… In una sorta di “sbriciolamento” dell’Enciclica, come lo chiama Morosini stesso…
Diciassette scenari che adesso vi presenterò, da una tappa all’altra.
Dalla fede “luce” – che non illude ma offre un dialogo con l’amore – alla fede, che ha un punto nodale, un cuore, un centro, che è Cristo.
Dalla fede “esperienza” in Abramo, che credette contro ogni speranza; alla fede “esperienza” in Mosè, che stette faccia a faccia con Dio e coinvolse il popolo cui diede le 10 parole… alla fede “pienezza”, raggiunta con Gesù e con il suo Vangelo… che ci propone non un’adesione fredda a verità che ci trascendono, ma l’adesione filiale a un amore che coinvolge;
Dalla fede, che si pone le domande sulla “affidabilità di Dio” – nel passaggio dalla morte alla risurrezione del Figlio – … alla fede che diventa “sguardo”: lo sguardo con gli occhi divini sulla vita umana…
Ed ancora: dalla fede, che la Chiesa riceve e annuncia – si pensi ai ceri accesi nella Veglia della Pasqua o alle parole stupende dell’inizio del Battesimo La nostra comunità cristiana ti accoglie – al “tesoro di memoria” che trasmette, protagonisti lo Spirito, gli Apostoli, i loro successori, ogni credente; e al “tesoro di memoria” che trasmette con al centro la celebrazione dell’Eucaristia … fino all’offerta del tessuto della fede, che ha l’integrità e l’unità di un’immagine, che a me piace tanto: la tunica cucita tutta d’un pezzo..
Ed inoltre, dal rapporto tra la fede e la verità, al dialogo tra la fede e la ragione.. fino al rapporto tra fede e città nella lotta per il bene comune…
Dallo scenario della fraternità, infine, dentro il quale la fede immette… allo scenario della sofferenza, che la fede consola… fino alla conclusione con l’icona più bella della fede, quella di Maria: dal suo Eccomi e Sì all’Angelo fino all’Amen del silenzio ai piedi della Croce.
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Un cammino semplice e insieme complesso, quello di questo libro; ricco e originale, se volete, che vi ho offerto in pochi minuti: uno sbriciolarsi dell’Enciclica, sia per il credente che ama sapere e capire, sia per il non credente che nell’intimo – senza saperlo, forse – desidera “incontrare”…
Un cammino, che si conclude ad ogni tappa, con delle domande, che Morosini pone, ogni volta, con un titolo preciso: “Per continuare la meditazione personale”.
E proprio qui è svelato il perché di questo libro.
Non ti è offerto semplicemente perché tu capisca meglio il senso e il contenuto dell’Enciclica Fidei donum, ma perché tu stesso arrivi all’atto di fede: un atto, che nasce dall’ascolto; un ascolto custodito nel cuore. E’ nel cuore, dice Morosini sulle orme della Bibbia, la centralità dell’uomo.
“E’ con il cuore – cito letteralmente – che è possibile tenere assieme il corpo, lo spirito, l’intelletto, la volontà, l’affettività, la propria interiorità e l’apertura agli altri”. “Con il cuore si crede” scrive S.Paolo nella Lettera ai Romani.
Di questo lungo cammino mi piace cogliere ed offrirvi – con lo sguardo di una teologia che tocchi l’esistenza – anche per ragioni di tempo, tre tappe soltanto.
La prima. Il dialogo tra fede e ragione. La seconda. Il rapporto tra la fede e il dolore. La terza. L’icona della fede di Maria. Sarò brevissimo.
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La prima. Il dialogo tra fede e ragione.
Anche se non citata nel libro, c’è un’espressione antica di Tommaso d’Aquino, che spiega questo dialogo. Philosophia est ancilla theologiae: La filosofia come “serva” della teologia. Che vuol dire? che la teologia comanda alla filosofia? No. Tutt’altro.
Significa che la filosofia rende un servizio alla teologia, la tutela. Cioè, niente ci può essere nella teologia, che vada contro la ragione. Può andare oltre la ragione, ma non contro. Per questo il dialogo tra fede e ragione diventa necessario e indiscutibile.
Una teologia senza ragione sarebbe una favola… Una filosofia senza teologia sarebbe chiusa, limitata dallo spazio e dal tempo, priva di orizzonti.
La teologia offre alla ragione spazi infiniti da indagare; la ragione offre alla teologia i sentieri del rigore logico. Ecco perché l’una e l’altra si sposano.
La Teologia mi offre la certezza della Verità; mi offre l’oggettività della Verità, una Verità che vale per tutti e sempre.
La Ragione mi fa scoprire che quella Verità non è un muro, ma un dono. Non mi impedisce, ma mi aiuta ad essere quello che sono. La ragione cerca la verità, la teologia la offre: ma la offre dentro gli schemi della ragione e offre alla ragione spazi di un immenso cercare.
Su questo ragiona mons. Morosini, citando soprattutto Agostino e la sua inquietudine, che diventa tipica di ogni uomo che cerca
Agostino vedeva il rapporto fede-ragione come un circolo ermeneutico (dal greco ermenèuo, cioè “interpreto”), con il celebre credo ut intelligam et intelligo ut credam (ossia “credo per comprendere e comprendo per credere”).
E a credere sarà alla fine – sostenuto dall’intelletto – il cuore, che non cessa mai di cercare, di scrutare, di desiderare… E c’è un’icona – ricordata dall’Enciclica e da Morosini – del viandante che cerca, scruta e desidera: quella dei Magi, in cammino fino alla meta, con la certezza che, dopo, tutto cambia: “per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”.
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La seconda. Il rapporto tra la fede e il dolore.
‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’ disse Gesù. Ed è ovvio che tra queste cose nuove è facile pensare ci dovesse essere la vittoria sul male e sul dolore, la vittoria soprattutto sul dolore – umanamente assurdo – dei bambini innocenti.
Come si può capire – dice Morosini – che un vecchio ammalato preghi per un bambino innocente che sta male; e poi il bambino muoia e quel vecchio continui a vivere?
Ma, è proprio vero che con la venuta di Gesù tutto è cambiato?
Ho letto in un saggio di Maggioni (il fratello prete della nostra Franca Sesti) un racconto, che narra che un giorno si presentarono a un vecchio rabbino due giovani trafelati: ‘Maestro, lungo la strada abbiamo sentito dire che è arrivato il Messia’.
Il vecchio maestro non disse una parola, aprì la finestra, guardò la strada e poi chiuse la finestra e scosse la testa. Come a dire: se il Messia fosse venuto, qualcosa sarebbe cambiato.
Come la mettiamo? Ragioniamo con calma.
E per capirci qualcosa – come ci suggerisce Morosini – dobbiamo recarci dentro la vita di Gesù.
Non domandarci perché si soffre, ma perché Lui ha sofferto!
E’ certo, infatti, che Gesù ha sperimentato tutte gli scenari del dolore (non solo quello fisico): l’ostilità delle autorità religiose, i voltafaccia delle folle, l’insuccesso della parola, l’incomprensione e l’abbandono dei discepoli, la vita spezzata… Dove ha trovato la forza per superare tutto? In una sua confidenza Gesù lo spiega: ‘Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui voi vi disperderete… e mi lascerete solo: ma io non sono solo, perché il Padre è con me’ (16.32).
Gesù poggia la sua vita di uomo su una certezza. Non si può restare ‘forti” nella solitudine del dolore, senza una certezza, una ‘compagnia’.
Per questo, da un lato, il Crocifisso è la gigantografia di tutte le ragioni che congiurano contro la fede … Ma da un altro lato, il Crocifisso è il più solido fondamento della fede… Non solo perché risorge. Ma soprattutto perché è l’icona di un amore che nessuna violenza è riuscita a scoraggiare; e che all’ostinazione del rifiuto oppone l’ostinazione del perdono.
Ecco, quindi, la risposta per quel rabbino del racconto ebraico. E’ la più semplice. L’evento di Gesù Cristo forse non ha cambiato le cose, non ha eliminato il dolore; ma ha cambiato il modo di guardare le cose e di vivere il dolore. Ed è questo che Morosini ci invita a fare:
Ricordo – offrendo un mio commento a questo scenario del libro - una giornata vissuta da me ad Auschwitz… nel corso di un viaggio in Polonia di alcuni anni fa con 75 giovani… mi trovai solo (non c’era spazio) dentro la cella dove morì con i suoi compagni Massimiliano Kolbe.
Mi inginocchiai e scrutavo le pareti, incerto fra la preghiera e il pianto, quando mi accorsi di uno strano segno. Mi avvicinai e quale sorpresa ebbi quando vidi disegnata su una parete, forse con le unghie, una croce tremolante…
Fuori c’era magari qualcuno che si domandava dove fosse Dio mentre quei prigionieri subivano l’orrenda barbarie; dentro i condannati disegnavano un Crocifisso per contemplarlo nel loro morire…
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La terza. L’icona della fede di Maria.
Morosini ripercorre tutte le tappe della vita di Maria lungo le pagine del Vangelo per spiegare come il “dono della Fede” sia entrato nel tessuto della sua vita.
Qui mi fermo ad una sola di queste tappe. La prima. L’Incarnazione del Verbo. E ve la offro come la immagino io stesso.
Il Vangelo ci dà la nudità dell’evento.. Ma credo ci sia consentito, almeno come suggestione, recarci sulla soglia del mistero, togliendoci i calzari dai piedi, per guardare un attimo solo oltre l’abisso che separa il nulla dal Tutto, e tentare di cogliere una briciola del dialogo che avviene dentro Dio. Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. ‘A l’alta fantasia qui mancò possa’ direbbe Dante. Ma la suggestione dell’amore – direbbe Wojtyla – ti consente di ‘varcare la soglia’…
‘C’è bisogno del grembo di una ragazza’ dice il Padre ‘dentro il quale il mio Verbo diventi per opera dello Spirito sarx umana’… E l’angelo Gabriele entrò da lei e le disse: ‘Kàire, Kekarìtomene, o Kìrios metà sou!…’ Concepirai nel grembo…’ ‘Come avverrà questo?’. E l’angelo è lì a spiegarle che la potenza dell’Altissimo la coprirà con la sua ombra… Maria tace. E la dolcissima luce dell’alba, che in quell’attimo forse si sposava col silenzio, apriva uno spiraglio sulla terra ignara, che usciva dal sonno della notte.
Mi piace pensare, perché è troppo bello che sia così, che anche Dio attendesse la risposta di quella ragazza: e sperasse, Dio, che lei dicesse ‘si’. E Maria disse: ‘Eccomi! Sono la serva del Signore! Avvenga di me quello che tu hai detto’.
“Avvenga”: “fiat” dice la lingua latina. Infinitamente meglio la lingua greca: “Génoito”. Ottativo. Il tempo del “desiderio”, della speranza. Quello che Dio desidera diventa il mio desiderio. Ecco la vetta della fede.
‘C’è bisogno di un grembo’ – dice oggi Dio - un grembo nel quale la mia Parola diventi carne, vita diventi. Il grembo stavolta di un’altra donna, della quale Maria la Vergine è insieme figlia e madre. Una donna nuova e antica, di ieri e di oggi, sposata sulla Croce ed impastata di mondo; intenta – quando non perde tempo a giocare con i potenti – a stare coi piccoli e gli ultimi della terra sui prati della storia.
Ho bisogno – dice Dio – di una Chiesa che cammini per le strade di questo mondo con il coraggio dell’eterno e la freschezza dell’ultima scoperta.
Una Chiesa fatta di noi, di me e di te. Una Chiesa che “racconti” la fede e attenda con Dio la risposta, l’atto di fede!
Perché, dentro i non sensi di questo tempo, le paure e le angosce; di fronte ai muri che si alzano e agli spiragli che si aprono, l’Eterno resta ancora in attesa. In attesa dei figli, finora magari perduti…
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Leggete questo libro, amici!
Perché in questo libro Morosini “ci invita e ci aiuta” ad entrare dentro questo mistero di fede per riuscire – in questa complessa stagione del mondo – a dire, con il coraggio degli umili, e il desiderio degli amanti, il nostro Si! Fiat! Génoito!
Don Pippo Curatola