Don Italo: una testimonianza sempre attuale
Don Italo Calabrò, una voce profetica che parla ancora oggi alle coscienze. Lunedi 15 al Consiglio regionale e martedi 16, in Cattedrale sarà ricordato don Italo Calabrò nel 25.mo anniversario della sua scomparsa.
Un sacerdote che ha vissuto ed operato prevalentemente a Reggio ed in Calabria ma che ha avuto apprezzamenti anche fuori da questi confini. Non a caso Don Luigi Ciotti all’inizio della veglia di preghiera per i familiari delle vittime di mafia svoltasi l’anno scorso, parlando a Papa Francesco, ha citato proprio don Italo Calabro’ indicandolo come un conoscitore del male della ‘ndrangheta ed un testimone credibile di giustizia e solidarietà, al pari di don Pino Puglisi e di don Giuseppe Diana.
Renzo Agasso – che per conto delle edizioni Paoline ha scritto il libro Don Italo Calabro’, Nessuno escluso mai ha detto : se don Italo fosse nato in una regione del nord sarebbe diventato un altro don Milani, ma il Signore ha voluto che svolgesse la sua missione in una terra periferica che ai suoi occhi pero ‘ non era meno importante!
Per tutti coloro che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, ma credo per tutta la Chiesa calabrese, questo riconoscimento e’ un motivo ulteriore di orgoglio ed anche di responsabilità’ per non disperdere il patrimonio spirituale che ci ha lasciato.
Come hanno potuto apprezzare tanti altri studiosi ed operatori della giustizia, don Italo e’ stato anche precursore di un approccio pastorale nei confronti del fenomeno mafioso che oggi ritroviamo nei documenti e nelle scelte pastorali della chiesa italiana e calabrese. Una antimafia che si concretizzava in una azione quotidiana e coraggiosa di lotta alla poverta’, di sostegno alle vittime, di educazione dei giovani, di denuncia delle ingiustizie sociali.
Non accettava silenzi e sottovalutazioni da parte della Chiesa,in occasioni di alcuni episodi di intimidazione mafiosa che avevano preso di mira alcuni sacerdoti disse al Consiglio Presbiterale: se abbiamo paura noi che abbiamo fatto una scelta di vita consacrata come possiamo chiedere ad un padre di famiglia di denunciare e di rischiare?
Nei confronti dei mafiosi dopo avere usato parole di fuoco negando loro la pretesa di definirsi uomini d’onore e paragonandoli alle belve, aveva anche parole di speranza invitandoli a convertirsi o almeno a fare in modo di non fare entrare i loro figli nelle cosche e dare loro la possibilità di costruirsi un futuro diverso. Sarebbe bello che nei seminario, con i catechisti, nelle scuole calabresi, i suoi scritti fossero conosciuti e studiati dai giovani e indicato il suo esempio come modello di vita cristiana e civile da imitare e seguire.
Don Italo Calabrò infatti è stato soprattutto un grande educatore. Ai giovani proponeva di cambiare il mondo a partire da se stessi, a non delegare, a vivere la vita con la schiena diritta, Spese la vita a servire Dio, la Chiesa e i poveri. Tutti i poveri, nessuno escluso, mai. I malati dell’ospedale psichiatrico. I giovani difficili. I senza cultura. Le vittime delle mafie. A tutti regalava una carezza di Dio, denunciando il male e affrontandolo a viso aperto, chiamando la politica alle proprie responsabilità, guardando in faccia i mafiosi senza paura, favorendo la scolarizzazione e la cultura per una promozione umana e sociale oltre che religiosa, avendo fiducia nei giovani e lanciandoli in mille iniziative coraggiose di solidarietà che gli sopravvivono ancora oggi.
Mario Nasone
Presidente Centro Comunitario Agape
(tratto da strill.it)