Duro attacco del Vescovo alla ‘ndrangheta
Da www.strill.it: – Mondello durissimo: “La comunità si riappropri della festa religiosa, spesso proprietà di gruppi mafiosi”
L’omelia che tradizionalmente l’Arcivescovo di Reggio rivolge alla comunità diocesana e alla città tutta in occasione delle Feste Mariane, inizia quest’anno col ricordare come “Il titolo col quale noi veneriamo Maria, “Madonna della Consolazione”, è stato nella storia della Chiesa, ed é soprattutto in nostri tempi, un motivo che ci sostiene e ci dà coraggio di fronte alle difficoltà che la vita di ogni giorno pone davanti al nostro cammino”. “Anche la Chiesa – prosegue mons. Mondello – ha avuto affidata da Cristo la missione di essere consolatrice dell’umanità, di essere nel mondo luce, lievito, sale per aiutare l’uomo ad incontrare Cristo e ottenere la salvezza. In altre parole la Chiesa è stata voluta da Cristo non per essere una potenza politica, economica, sociale e neanche religiosa, ma per essere una comunità che, in obbedienza a Lui, entra nella vita di ogni uomo per annunziare la lieta Notizia della Morte e Risurrezione, con cui Egli ci ha salvati: un messaggio, cioè, di gioia e di consolazione. È evidente che tale annuncio può essere liberamente accolto o anche liberamente rifiutato, ma non si capisce l’accanimento, ai nostri giorni accentuato, contro chi diventa messaggero di gioia e di consolazione.”
Secondo molti le “cause di tale accanito rifiuto vanno individuate nella dissolutezza crescente, nella ricerca smodata del potere, della ricchezza, del piacere e del successo” e sono queste tendenze distruttive che vanno combattute con ogni mezzo.
Mons. Mondello però “senza negare la validità di tale procedimento”, ritiene “che sia più giusto oggi interrogarci se esista una comunità capace ancora di annunciare Cristo”.
È il tema sul quale si è soffermato a riflettere il Convegno Pastorale Diocesano svoltosi nei giorni scorsi e del quale Convegno mons. Mondello presenta come ogni anno alla città gli impegni pastorali che ne sono scaturiti.
“La prima cosa che è stata messa in rilievo da tutti i relatori è che la nuova evangelizzazione, che risponde alle esigenze di un mondo in continuo cambiamento, non consiste in ripetute snervanti riunioni, in meticolose programmazioni, in sontuose costruzioni di opere per venire incontro alle varie difficoltà dell’uomo di oggi; ma consiste, piuttosto, in un nuovo stile di vita della comunità cristiana, che sia capace di rendere visibile il volto di Cristo nel mondo di oggi. Lo stile di vita cristiano è quello di chi pone Cristo al centro della propria esistenza; e fa del Vangelo sine glossa e dell’Eucaristia il suo abituale nutrimento.
Non può evangelizzare chi conduce una vita contraria agli insegnamenti di Cristo, chi vive in continua contraddizione con la sua fede, chi non approfondisce continuamente la sua conoscenza di Cristo: perché rischia di non sapere Chi e cosa annunziare.”
Ciò vale, oltre che per i singoli, anche per le comunità cristiane.
La comunità cristiana è chiamata, dunque, anzitutto a riscoprire il proprio Battesimo e a scegliere di vivere le beatitudini; sarà così “Una comunità ecclesiale che non cerca alcun potere, né politico, né economico, né sociale; che accetta perfino la persecuzione e la derisione per amore di Cristo; che lotta per la giustizia e per i poveri, lotta per la pace; che non ricerca sostegni umani; che vive la misericordia e il perdono”.
Uno stile di vita che porterà la comunità cristiana ad avere come virtù distintiva la sobrietà, solidale con i poveri ed i bisognosi, con chi anche in ambito ecclesiale non ha le stesse risorse, ma anche attenta a vivere la sobrietà nella liturgia e nella vita pastorale quotidiana.
Uno stile di vita – continua il Presule – che trova nutrimento e forza nella preghiera. Anche la religiosità popolare – afferma- “con le sue devozioni è grande occasione di trasmissione della fede, purché non si tolleri che credenze e devozioni, pur pie e legittime, mettano in ombra la parola di Dio, la liturgia, l’insegnamento del magistero, la centralità della carità e la continua esigenza di conversione.”
Un tema, questo delle feste religiose, sempre presente all’attenzione dell’Arcivescovo, il quale sottolinea che “Il vero problema delle feste religiose non è la festa religiosa in sé, ma l’aver tollerato che questa lentamente passasse dall’essere manifestazione della fede del popolo cristiano al diventare una impresa, più o meno redditizia, affidata o accaparrata da gente lontana dalla Chiesa, che disconosce il significato stesso della festa cristiana e che intende gestire la manifestazione secondo capricci e finalità spesso innominabili.
In questo modo le feste religiose, sempre più spesso, hanno tristemente smesso di essere feste del popolo cristiano; e sono di fatto diventate, nel loro svolgersi, proprietà di gruppi, alle volte mafiosi, che preferiscono, per i loro fini, presentare forme più o meno paganeggianti della stessa festa.
È urgente e indifferibile che la comunità cristiana si riappropri delle feste religiose! Altre volte abbiamo sottolineato la necessità che sia il Consiglio Pastorale a dare le indicazioni per la celebrazione di tali eventi. Molto spesso, quando sento parlare di contrasti tra gli organizzatori delle feste e il Parroco, mi domando: dov’è la comunità cristiana? Non dovrebbe essere questa a far valere gli aspetti autenticamente cristiani senza farsi strumentalizzare da alcuno? Nutro speranza che le nostre feste religiose, che tanta fede hanno suscitato e continuano a suscitare nel popolo cristiano, possano essere finalmente gestite dalla comunità cristiana e ridiventare autentica testimonianza, che rinsaldi la fede dei credenti e diventi occasione privilegiata di evangelizzazione per tutti”.
Mons. Mondello prosegue indicando un ulteriore impegno per una comunità che vuole oggi trasmettere la fede: essere comunità in continuo dialogo, non solo con i fratelli di altre fedi e religioni, ma in particolare in dialogo con la cultura del mondo di oggi. “Parlare di dialogo con la cultura implica la necessità di sperimentare tale dialogo dentro i luoghi dove la “cultura in senso alto” si realizza: le Università. Reggio, da tradizionale città di universitari e laureati fuori sede, è divenuta ormai “città universitaria” con la presenza articolata di numerosi Atenei e Facoltà e di Istituti Superiori anche cattolici… occorre considerare l’università il luogo naturale di dialogo tra credenti e non credenti; il luogo privilegiato in cui i credenti affinano gli strumenti per l’elaborazione e la trasformazione culturale alla luce del Vangelo…
Data la rapidità delle odierne trasformazioni culturali, sociali, tecnologiche, l’urgenza di un’autentica elaborazione culturale da parte della comunità cristiana è oltremodo evidente. È il compito – afferma l’Arcivescovo – che devono assolvere, nella nostra diocesi, assieme all’Ufficio diocesano Educazione Scuola Università, gli Istituti Superiori, dallo Studio Teologico, all’ISSR, all’Istituto Superiore di Formazione Politico-Sociale, alla rivista “La Chiesa nel Tempo”, che devono essere i primi interlocutori del dialogo”. In questo dialogo con la cultura un ruolo importante pssono rivestirlo a livello parrocchiale le “sale della comunità”, in quanto luoghi di incontro e di discernimento sui problemi etici, sociali e anche del territorio.
Trasmettere oggi la vita buona del vangelo, dunque- è questa la conclusione – richiede nuove vie pastorali, che a loro volta hanno bisogno per essere seguite, di operatori pastorali formati, sia da un punto di vista teologico che umano.
Dopo aver ricordato che il il 29 settembre prossimo si concluderà ufficialmente la fase diocesana della causa di canonizzazione dell’Arcivescovo mons. Giovanni Ferro, l’Arcivescovo Mondello così conclude:
“Carissimi fratelli e sorelle, la nostra Chiesa sicuramente sta già facendo molto, e non può essere altrimenti, per la trasmissione della fede, pur con luci ed ombre; ma sicuramente può fare molto di più, e ne ha le capacità, gli strumenti, soprattutto le persone. Bisognerà, perciò, tenere ferma la convinzione che Cristo ha inviato nel mondo la Chiesa proprio per continuare la sua missione: una missione non di odio, ma di amore verso ogni uomo e donna. Guidata da questo amore, la Chiesa vive al servizio dell’uomo la sua missione evangelizzatrice e svolge il suo compito materno di sostegno e di consolazione dentro le pieghe e le piaghe delle fragilità umane.
Per questo rivendica con forza la libertà di annunziare l’amore salvifico di Cristo, senza alcun condizionamento o strumentalizzazione, e chiede il libero e sereno ascolto da parte di tutti, che nella loro autonomia potranno poi accogliere o rifiutare il suo annunzio.
E alla Madonna della Consolazione, Madre piena di tenerezza e attenzione verso il Popolo e la Città di Reggio, chiediamo che impetri dal Signore la grazia per questa nostra Chiesa di saper essere una comunità evangelizzatrice e portatrice di consolazione agli uomini e alle donne di questo tempo.”
Infine il Presule, a nome di tutta la comunità diocesana reggina, rivolge un appello per la liberazione di Francesco Azzarà: “E non possiamo che rivolgere a Lei, in conclusione, – sento proprio il bisogno di dirlo – un sincero e sentito appello perché voglia far tornare al più presto a casa quel nostro fratello volontario, Francesco Azzarà, che nel compiere il suo servizio di consolazione è stato rapito e considerato come un malfattore. Sii Tu, Madre, la sua forza in questo delicato momento della sua vita, il sostegno della sua famiglia, l’aurora di speranza per la nostra Chiesa, la nostra città, l’Italia e il mondo intero.”
www.strill.it – Martedì 13 Settembre 2011