Il sogno su un barcone
Ormai da anni nel nostro vocabolario sono entrati termini quali barcone, sbarchi, clandestini, pacchetto sicurezza e tanti altri che nel nostro immaginario collettivo ci riconducono sempre più spesso a situazioni negative d’insicurezza. Sempre meno spesso si accompagnano alla parola migrazione termini quali speranza, umanità, solidarietà e compassione. Bene! La storia che stiamo per raccontare, vi farà capire come tutto ciò, è presente nel nostro territorio reggino, terra povera ma molto solidale.
Omar è un ragazzo di appena 35 anni che aveva un sogno. Lasciò il suo paese, il Niger, per andare verso la Libia dove c’erano maggiori possibilità per lui e la sua famiglia di migliorare le condizioni economiche. Omar si trovava sul territorio libico quando subentrò la crisi di governo. All’improvviso si vide costretto a salire su un barcone, insieme ad altre trecento persone, su un’imbarcazione di fortuna, senza viveri ma soltanto un po’ d’acqua; dispersi in mare per due giorni, finché riescono ad arrivare a Lampedusa. Lui racconta che sopraffatto dalla stanchezza non era più in grado di camminare.
Riuscì finalmente a raggiungere la Sicilia, dove presenta domanda presso la Commissione Territoriale per i Rifugiati a Catania. Dopo un periodo gli viene riconosciuta la protezione sussidiaria. Una volta avuto un permesso di soggiorno, si sposta nella terra delle arance, Rosarno, dove tanti migranti come lui, lavorano per pochi soldi dopo massacranti ore di lavoro.
Ad un certo punto Omar incomincia ad avere segni di una salute precaria, non aveva più le forze per lavorare come prima. Rivoltosi ad una struttura sanitaria, gli viene diagnosticata una neoplasia di IV grado con metastasi estese a tutto il corpo. Da Rosarno viene spostato a Reggio Calabria, prima accolto dalla Comunità delle Suore di Madre Teresa di Calcutta, poi trasferito presso l’Hospice di Reggio Calabria, per avere le cure adeguate.
A questo punto intorno ad Omar si mobilita la solidarietà dei volontari e del personale medico, che svolgono il loro lavoro con tanta passione, come solo una grande famiglia può fare. La Caritas Diocesana di Reggio Calabria, nella persona di Don Antonino Pangallo, dietro la richiesta dell’Hospice, riesce a contattare il Centro d’Ascolto per Migranti “G.B. Scalabrini”, dove si trova Suor Maria Helena Aparecida (MSCS), che poiché parla francese è in grado di comunicare con Omar e dargli conforto e supporto emotivo, in attesa che la situazione arrivi ad una svolta. Da precisare che la Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo-Scalabriniane è stata sempre presente durante tutto il percorso della sua degenza negli ospedali reggini e nell’espletare la documentazione per il suo ritorno in patria.
Dopo innumerevoli ricerche, si é trovata la soluzione nel Programma di Rimpatrio Assistito gestito dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) con sede a Roma e in collaborazione con il Ministero dell’Interno. Il caso è stato fatto presente all’Assistente sociale Dr.ssa Damarys Duran, operante a Reggio Calabria, che lo segnala tempestivamente a Roma. Da evidenziare sono l’incredibile lavoro e i tempi rapidi con cui la Prefettura di Reggio Calabria, nella persona della Dr.ssa Giuseppina Ursino e dei funzionari della Questura di Reggio Calabria, hanno permesso l’avvio delle pratiche burocratiche utili all’ OIM per poter procedere al rimpatrio.
Molte persone reggine si sono strette attorno ad Omar, ragazzo impaurito, incerto della situazione in cui si trovava. Il suo sguardo rivolto sempre al mare, si riempì di fiducia e speranza, di gioia, anche dopo il rinnovo di un tesserino sanitario fino al 2019, come segno di rinascita, nella consapevolezza di partire e di ritornare a compiere il suo sogno, quello di ogni figlio prodigo: aiutare e sostenere economicamente la sua famiglia. La sua dolcezza nascondeva la sua paura. Ma l’amore e le cure che ha ricevuto da tutte quelle persone che hanno imparato a volergli bene, gli hanno dato la forza di resistere il tempo necessario ad organizzare la sua partenza. Molte persone si sono mobilitate per sostenere economicamente Omar e la sua famiglia una volta tornato a casa. Anche la Caritas Diocesana ha contribuito economicamente per il pagamento del biglietto di viaggio insieme all’ OIM, per cui finalmente Omar riesce a partire accompagnato da un suo cugino, che risiede in Belgio.
Straordinario è stato il lavoro dei funzionari dell’OIM, della Dr.ssa Antonia d’Agostino, di Petra, Ibrahim, Elias e tutte le persone che si sono mobilitate per far sì che Omar ritornasse a casa dai suoi cari. Attualmente Omar si trova in Niger con i suoi familiari.
I nostri pensieri si rivolgono però a tutti quei migranti che non hanno avuto e non avranno mai la possibilità di trovare persone meravigliose che amano il loro lavoro e che possano aiutarli in situazioni estreme come quella di Omar. Migranti che vedranno i loro sogni infranti nella solitudine di una corsia, dove la loro vita si spezza due volte: prima per la scoperta della malattia e dopo per la consapevolezza del non ritorno.
Sr. Maria Helena Aparecida
Damarys Duràn