La rivoluzione che parte dallo sgabello
Cari amici,
due giorni fa mi trovavo a Bologna, nella piazza principale, e una aggregazione spontanea di persone ha attirato la mia attenzione. Era un cerchio di studenti, professionisti, pensionati, donne e uomini, che, ordinatamente ma animatamente, discutevano fra loro. Uno sgabello circolava nel perimetro, e gli intervenuti, a turno, ci salivano sopra, per arringare la folla e, con passione e determinazione, perorare le proprie ragioni.
Sullo sgabello sono saliti tanti giovani, studenti e disoccupati. Hanno spiegato che vorrebbero ereditare un futuro migliore, vorrebbero capire come poter essere protagonisti del cambiamento nel proprio Paese senza dover necessariamente emigrare.
Poi, sullo sgabello sono saliti tanti pensionati, che da una parte si sentono responsabili per la situazione in cui siamo, dall’altra vorrebbero contribuire, con la propria esperienza, a risollevare il Paese.
Lo sgabello ha visto tanti altri interventi, di donne appassionate, di uomini in carriera, di gente comune, tutti accomunati dalla consapevolezza che oggi il Paese è in mano a una classe politica, tutta, da destra a sinistra, e una classe affaristica che considera il popolo come qualche secolo fa si considerava la plebe, e ritiene di poter impunemente avere privilegi personali e ingiustificati, senza rendersi conto che i sacrifici per salvarci devono essere fatti, prevalentemente, da coloro i quali hanno la responsabilità di averci portato sull’orlo del baratro.
Sullo sgabello ci sono finito anch’io, condividendo il mio pensiero che è tempo di nuovi partigiani e di una nuova resistenza, senza distinzione di sud e nord, migranti e residenti, ma invece tenendo le distanze fra onesti e disonesti, fra chi cura l’interesse personale e chi il bene comune.
E, in tutti, c’era la consapevolezza che è tempo di una nuova rivoluzione, pacifica, che parta dalle piazze, da tutte le piazze di ogni città.
Ho passato tre ore senza accorgermene, e sarei voluto rimanere, in quella piazza, ancora per molto.
E ho portato, idealmente, quello sgabello con me, a Reggio Calabria.
Mi basterebbe, per ora, che nella nostra città, qualcuno avesse il coraggio non tanto di fare la rivoluzione, ma almeno di salire sullo sgabello.
Piero Milasi
Già Magister MASCI Reggio C. 4