La spiritualità come stile di vita
“Il nostro essere cristiani si riduce oggi a due cose: pregare e operare tra gli uomini secondo giustizia”. (D. Bonhoeffer)
Viviamo oggi un tempo di grandi e rapide trasformazioni che potremmo definire strutturali della nostra società e, in buona parte, del nostro modo di vivere. Il modello di sviluppo senza freni, che ha caratterizzato il vivere civile dell’occidente fino agli ultimi anni del secolo scorso, sembra oggi in crisi e dimostra tutti i suoi limiti. Accanto ai segnali evidenti di questa crisi economico-sociale ed etico-culturale si fa però strada una nuova consapevolezza ed una riscoperta della dimensione religiosa, di una nuova spiritualità che si innesta nella storia quotidiana degli uomini e delle donne di oggi. Questo “risveglio” della spiritualità conferma quanto sia profondo il bisogno religioso dell’uomo moderno, che rischia di essere sopraffatto dalla tecnologia, e ricorda che “essere uomo non si riduce a produrre, progettare e trasformare ma è anche saper ascoltare il mistero delle cose, contemplare la realtà, ritrovare l’unità con la natura e con gli altri uomini, riflettere sul senso stesso della vita umana”.
La rinnovata consapevolezza dell’importanza e necessità della dimensione spirituale nella sua vita trova sintonia con lo spazio che il laico credente deve occupare nell’economia della storia della salvezza, così come lo ha delineato la riflessione del Concilio Vaticano II sul ruolo dei laici nella Chiesa e nel mondo.
Tutto ciò non deve essere estraneo alla coscienza dello scout adulto che come tale, di fronte al reale ed alla storia, ha fatto una scelta decisiva, fondamentale e unificante, capace di dare un senso definitivo alla propria esistenza.
La sua condizione interiore non può non trovare un’ esplicita manifestazione nel suo modo di vivere che, istruito dagli insegnamenti del Vangelo, tende ad unificare il proprio spirito a con quello divino, a ricercare l’unità, la composizione, il superamento del dualismo, della dicotomia interiore che pure sperimenta nella sua condizione di umana debolezza.
Un segno chiaro di maturità umana e cristiana, di adultità nella fede è proprio questa capacità crescente di unificare, sotto la guida dello Spirito, le istanze e le tensioni che la natura umana stessa, porta in sé.
Ciò significa imprimere un indirizzo alla propria esistenza di adulto, che dopo aver attraversato le prime stagioni della vita, nella sua maturità, sceglie, decide una direzione verso la quale muovere sulla strada verso la felicità.
Nella capacità di compiere quotidianamente, lungo lo scorrere dei giorni e delle stagioni della vita, in mezzo alle vicende stesse dell’esistenza terrena, la scelta di Cristo, sta l’identità del cristiano adulto, dello scout adulto nella fede.
Un’unità di direzione, una bussola spirituale che, però, non può funzionare se non sperimentando nel proprio vivere l’incontro con Cristo.
Il cristiano adulto sa che Cristo è, comunque, presente nella sua esistenza, anche quando, perso nell’attività o nell’attivismo non ne ha piena coscienza, non ne avverte la presenza.
Ma è proprio qui che nasce l’abito, lo stile del credente: nella capacità cioè di lasciare aperta la porta del proprio cuore all’irruzione del Mistero.
La possibilità di vivere “alla presenza di Dio”, lungi dall’essere riservata solo ai religiosi o ai mistici, è invece alla portata di quanti lo desiderino con cuore sincero.
Cristo stesso, infatti, non chiede altro che di abitare il cuore dell’uomo.
Così il laico, che come tale abita il mondo e ne vive le dinamiche, può a sua volta essere abitato dal Mistero, essere illuminato, confortato, consolato da Cristo stesso.
Ne deriva uno stile, una consuetudine di vita, di modo d’essere, che senza nulla togliere, anzi aggiungendo luce e facilitando la propria relazione con il mondo e con gli altri, mantiene l’unità interna; è ciò che da ragazzo mi indicavano con il termine “raccoglimento”: quella capacità di essere in mezzo a tante cose e tante persone senza esserne completamente presi, senza dimenticare lo sguardo di Dio su di noi, acquisendo pian piano la capacità di vedere gli altri e le cose del mondo sempre più attraverso quello sguardo, divenendo capaci, infine, di vedere… al di là delle cose.
Non può sfuggire una tale disposizione, agli occhi di quanti si trovano in contatto con chi vive questa dimensione, con chi ha acquisito questo stile ed è allora che diventa possibile, per il laico, informare il suo mondo, le sue azioni, il suo lavoro della Buona Novella.
Non sono più le parole che occuperanno le relazioni ed i contesti ma è la Parola che può trovare il suo spazio.
Sappiamo bene infatti che il Signore non ha mani, piedi o bocca per poter agire, camminare o parlare in questo mondo, ma può e vuole farlo solo attraverso le mani, i piedi e le bocche che Egli ci ha donato e che in nessun altro modo possiamo utilizzare meglio che mettendoli, con tutto noi stessi, al Suo servizio.
L’agire dello scout adulto nella fede diventa così testimonianza viva di un modo di abitare il mondo che non ne rinnega nulla, ma tutto accoglie ed affida alla divina misericordia; il mondo, infatti è opera di Dio ed è da lui amato ancorché spesso sia vittima del peccato.
Lo stile generativo
La spiritualità che stiamo delineando comporta, innanzitutto, una tensione ad integrare anche il tempo, le stagioni dell’esistenza superando la frammentazione, la segmentazione che spesso caratterizza lo scorrere dei giorni.
Una visione unificante del passato, del presente e del futuro in vista della meta cui tutti i credenti tendono; una lettura degli avvenimenti della propria storia alla luce dell’incontro personale con Cristo, capace di fornire l’interpretazione autentica di quanto accade dentro l’uomo ed attorno ad esso.
Nulla, infatti, accade a caso; il caso non esiste per il credente, ma egli ha acquisito, in ragione della sua fede, la capacità di leggere, in tutto ciò che accade, il disegno amoroso di Colui che lo ha chiamato alla vita e che lo attende alla fine del pellegrinaggio terreno.
Questo atteggiamento interiore dovrebbe essere connaturale all’età adulta, ma non sempre è così.
“Bisogna considerare che ci sono almeno due tipi di adulti: quelli che si lasciano trascinare dal vortice degli impegni e quelli che sanno prendere tempo per far maturare i propri principi. Solo questi ultimi meritano in pieno il titolo di adulto…L’adulto è in grado di riflettere su di sé e ciò gli dà la possibilità di confrontarsi con la propria fede”.
Aspetti caratterizzanti questo stile di “abitare il tempo” sono il silenzio, la pazienza, la calma, la mitezza, l’essenzialità, la semplicità.
Lo stile ozioso
E’ l’opposto dell’attivismo frenetico che spesso connota il vivere dell’uomo contemporaneo.
Lo stile ozioso rende manifesta la conquista della facoltà di unificazione, di armonia interiore, di capacità di silenzio.
Non è un ritrarsi dai doveri del proprio stato, né il trascurare le incombenze della vita, ma è lo spazio dato allo spirito, all’interno dell’attività, che ne viene così trasformata, superando la divisione tra “il ruolo di Marta e quello di Maria”.
E’ il tempo della liturgia (che significa: servizio reso al popolo).
Campo privilegiato di questo servizio è per il laico proprio il lavoro.
La struttura della stessa azione, la sua intenzione interiore e l’ inserimento nel contesto della vita globale e nel piano della salvezza, ne fanno sorgente e strumento di spiritualità.
Il laico cristiano deve interpretare la propria attività quotidiana come collaborazione all’opera redentrice di Cristo. Infatti “Dio non distoglie prematuramente il nostro sguardo dal lavoro che egli stesso ci ha imposto, poiché egli si presenta a noi raggiungibile attraverso questo stesso lavoro. Il lavoro diviene esso stesso un mezzo di comunione, un “ambiente divino” dove è possibile incontrare Dio.
Lo stile ozioso, inoltre, è quello che sa dare il giusto valore al tempo della festa: “che è veramente un uscire dal ritmo del tempo e un accogliere in sé la salvezza di Dio, come cosa nuova e diversa; ed è una salvezza sperimentata insieme, in una dimensione che è vissuta come esperienza fondamentale”.
Anche Dio dopo la creazione, il settimo giorno cessò da ogni suo lavoro e consacrò quel giorno.
Così nel libro della Genesi: “esso viene presentato come modello dell’esperienza del lavoro umano. Dio può compiere, sospendere, portare a compimento il lavoro, esserne soddisfatto e godere del riposo e del frutto di ciò che ha fatto”.
Questo modello deve ispirare il lavoro umano sottraendolo così all’alienazione, alla schiavitù, al ritmo frustrante per introdurlo nello stile ozioso di cui parliamo.
Infatti: “Il lavoro di Dio è libero. Dio lavora liberamente, per esprimere, per così dire, se stesso nel mondo, produce qualcosa di valido; lavora con soddisfazione e, di fronte a ciò ce ha fatto, dice: questo è buono! Ne riceve gusto, contentezza, può portare a termine l’opera con quella pausa felice, che è appunto, il riposo di Dio, dal quale si sviluppa il riposo del sabato. L’uomo che – avendo portato a compimento la sua settimana lavorativa – si riposa, agisce a imitazione del riposo di Dio”.
Aspetti caratterizzanti questo stile di vivere l’ attività e il lavoro sono: la competenza, l’impegno, il rispetto dei principi di umanità, di giustizia e di fratellanza.
Lo stile politico
E’ il servizio reso al bene comune, la disponibilità ad istruire la presenza nell’amministrazione della cosa pubblica ai principi etici che derivano dal Vangelo secondo uno stile che rispetti, distinguendoli, l’ambito religioso da quello politico riconoscendo ad entrambi la propria importanza e peculiarità.
L’agire politico sarà informato inoltre dal rispetto della vita, dalla capacità di accogliere e dar voce alle istanze degli ultimi, dei più poveri, dalla ricerca incessante della giustizia sociale, dall’integrità e gratuità del servizio reso nell’ interesse comune.
Esso saprà coniugare la libertà individuale con la responsabilità sociale, mai permettendo che l’interesse privato si anteponga a quello pubblico, che la verità sia piegata al tornaconto personale.
La politica, come più alta forma di carità, non può essere che un servizio disinteressato, volto a dare risposta ai bisogni della collettività in un’ottica di sviluppo compatibile con il rispetto dei diritti di tutti e con la tensione ad ampliare a tutti l’accesso ai beni necessari ad una vita dignitosa.
Intesa in quest’ottica la politica deve essere sempre più terreno di azione per il laico credente che deve sentire il dovere morale di esercitare in pieno i propri diritti-doveri di cittadino responsabile, proprio per dare il proprio contributo ad un rinnovamento autentico del servizio reso alla collettività.
Troppo spesso abbiamo assistito passivamente negli ultimi anni alla gestione iniqua e di parte della cosa pubblica; questo per un credente è inaccettabile; egli ha l’obbligo di fare quanto è nelle sue possibilità per volgere l’azione politica al bene di tutti.
Conclusioni
La spiritualità del laico adulto nella fede come stile di vita, così come fin qui delineata, è intesa a superare la distinzione tra tempo della vita e tempo dello spirito.
Il laico adulto è chiamato, in pratica, a vivere uno stile “unificato” di stare al mondo, una modalità libera da condizionamenti e costrizioni, così come libera è l’azione dello Spirito.
Nelle realtà quotidiane in cui il laico è chiamato, come sua propria vocazione: lavoro, famiglia, associazione, ecc., egli deve poter introdurre, col proprio modo di essere, incarnandoli, i valori evangelici su cui ha scelto di fondare la sua vita.
Il suo “stare nel mondo” deve essere illuminato dalla presenza di Cristo nella sua vita, in modo tale che questa, attraverso il suo agire, diventi realmente testimonianza di questa presenza.
Tanto più tutto ciò caratterizza lo scout adulto quanto più il suo essere adulto si manifesta, innanzitutto, nella fede, nella speranza e nella carità.
Giuseppe Angelone
Comnità MASCI RC 4