L’impresa che educa. L’educazione ha bisogno di imprese
Coscienza Imprenditoriale è la testata giornalistica on line dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti che dal 1947 rappresenta presso la CEI la Coscienza Imprenditoriale del Paese. Obiettivo principale di questa attività editoriale è offrire un terreno di confronto costruttivo sui temi centrali e complessi dell’economia e del lavoro. Il Premio giornalistico “Comunicare la Coscienza Imprenditoriale” mira a sostenere e incoraggiare gli esempi positivi, le best practices presenti sul territorio nazionale. Con questa iniziativa rivolta ai professionisti della comunicazione, si vogliono raccontare le eccellenze, i talenti e le realtà produttive più significative italiane, proponendole alle generazioni future come modelli imprenditoriali sani.
Il vincitore del premio di questa prima edizione è stato Luigi Arcudi, scout reggino e collaboratore de L’Avvenire di Calabria. La premiazione è avvenuta venerdì 16 Settembre durante lo svolgimento del Festival della Dottrina Sociale tenutosi a Verona. Da segnalare che la testata giornalistica ha voluto anche dare un segno di riconoscimento agli imprenditori citati nell’articolo. Di seguito riportiamo l’articolo premiato.
“Il mondo del lavoro si muove dentro scenari di internazionalizzazione dell’imprenditoria; globalizzazione del mercato; forte incremento dello sviluppo scientifico e tecnologico, caratterizzato dall’informatica e dalla telematica; nuova e acuta coscienza dei diritti umani, soggettivi, comunitari, ecologici; pluralismo e multiculturalismo dei modi di vita e della cultura; secolarizzazione diffusa e nuove forme di religiosità che appagano di più le aspirazioni e i bisogni soggettivi rispetto alle grandi confessioni religiose istituzionalmente tradizionali”¹.
Dentro questo macro-scenario, in cui risiede il lavoro, l’economia è condizionata dai contesti territoriali che pregiudicano lo sviluppo e mettono in discussione l’esistenza stessa di una qualsiasi attività imprenditoriale. Redigere un piano d’impresa tenendo conto degli scenari territoriali, significa chiedere all’impresa che sta nascendo, di essere equipaggiata a rispondere alle provocazioni del mercato. Un mercato che con le sue “non regole”, orientate alla ricerca esasperata di un profitto superiore alle aspettative, e caratterizzato dalla competitività che scorre sul filo dell’inganno, non costituisce per un’azienda uno scenario incoraggiante; di fatto nel valutare la previsione del successo dell’impresa, si deve tenere conto di variabili insolite come “i costi aggiuntivi” da versare all’intermediario di turno (sia esso uomo politico o affiliato alla criminalità organizzata), costi necessari per partecipare ad una qualsiasi gara o bando per acquisire appalti.
Se l’impresa nasce al Sud bisognerebbe prevedere, nel piano d’impresa, costi legati a “danni per bombe”, “pizzo mensile”, “assunzione di personale imposto”, “utilizzo di strumenti e prestazioni legate a quel territorio” (affidare il lavoro a quell’elettricista, o quell’impresa edile nonostante sia più costosa e non affidabile) unitamente ai costi legati alla sicurezza della propria famiglia e dei locali dell’impresa (telecamere, servizio di vigilanza, custodia dei propri mezzi e dei mezzi dell’impresa).
Questo lo scenario che quotidianamente i media segnalano, è la secolare battaglia tra la dignità umana, che chiede solo di vivere la propria dimensione vocazionale attraverso il lavoro, e chi limita le possibilità di successo di un’impresa nel produrre benessere ai propri dipendenti e al territorio dove essa è collocata. Dove cercare allora imprese che potrebbero vestire l’abito della significatività e che creano relazioni basate su rapporti tradizionali di fiducia con la società? Il coraggio di due Imprenditori e di una Cooperativa agricola ci hanno raggiunto con la forza di una coscienza imprenditoriale che illumina le loro storie.
Pino Masciari, imprenditore ed ex testimone di giustizia, afferma che “Bisogna organizzare il coraggio come loro organizzano la malavita”. É nato a Catanzaro, ha 52 anni e và in giro per raccontare il contenuto del suo libro Organizzare il coraggio: una condotta di vita stretta a doppio nodo con la legalità e l’onestà. Un libro che profetizza un comportamento auspicato da molti, e serve a far comprendere che se tutti denunciassimo sempre l‟illegalità, saremmo un’organizzazione molto più potente di quella mafiosa. Un imprenditore che nonostante la sua vicenda promuove coraggio e fiducia a tutti coloro che sono vessati dal pizzo, e che ha spostato la sua “attività imprenditoriale” dai cantieri edili ai cantieri dell’educazione nella scuola e nella società.
La storia di Pino Masciari è una storia vera, di legalità e coraggio, una storia che nasce nel 1994 quando incontra un brigadiere e un magistrato disposti a raccogliere le sue denunce. Conseguenza della denuncia e che la ‘ndrangheta lo accerchia, gli impedisce di lavorare, chiede e pretende il 3% sugli appalti mentre la politica vuole il 6%. Masciari racconta tutto, fa nomi e cognomi. Nel 1997 è inevitabile l’esilio dalla Calabria scortato da un programma di protezione speciale, continua ad avere fiducia nello Stato, a testimoniare, facendo condannare malavitosi, politici e anche gli stessi giudici che avevano ingiustamente contribuito a far fallire la sua azienda.
Masciari nei sui interventi pronuncia una frase, quasi uno slogan che ha la forza di trascinare dentro la sua storia chiunque lo ascolti: “ogni persona che viene a conoscenza della mia storia, mi allunga la vita di un giorno”. Il 9 febbraio 2011, a Reggio Calabria, viene gambizzato l‟imprenditore Tiberio Bentivoglio. La sua storia inizia 18 anni fa quando, a seguito del discreto successo della propria attività commerciale (un negozio di articoli sanitari principalmente dedicati all’infanzia), decide di ampliare i locali dell’impresa. Lo fa senza impegnare la forza lavoro decisa da chi, in quel territorio, ne aveva la gestione, lo fa senza cedere alle richieste estorsive.
Le conseguenze al non piegarsi a quella logica di schiavitù, sono state 18 anni di minacce, furti, incendi e bombe. L’imprenditore, associandosi a Libera, oggi fa parte del Coordinamento Regionale, dichiara il prezzo della propria libertà, un prezzo a cui la ‘ndrangheta non potrà mai fare fronte e perciò aggredisce e colpisce. Colpi che coinvolgono tutti i congiunti di Bentivoglio, costretti a rifiutare il programma di protezione poiché esposti ad un eccessivo stress che logora la vita della moglie e dei figli. Bentivoglio denuncia e siede fra i banchi degli imputati. Riconosciuta come parte offesa, l’impresa si costituisce Parte Civile in due procedimenti penali, fa ricorso alla legge 44/99 per poter usufruire di contributi da parte dello Stato.
Nel febbraio del 2010 un Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Reggio Calabria condanna a 6 anni e 8 mesi di carcere Santo Crucitti per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ma non riconosce in primo grado, il reato di estorsione ai danni di Tiberio Bentivoglio perciò l’imprenditore danneggiato non può ottenere alcun risarcimento per i danni subìti. All’indomani dell’attentato alla vita di Bentivoglio, del febbraio scorso, la città reagisce attraverso le diverse associazioni sorte in questi anni su tutto il territorio reggino, che affermano sempre più autorevolmente un’azione organizzata e capace di sostenere e incoraggiare le vittime delle aggressioni, e così Tiberio e la moglie trovano una nuova clientela: la clientela di una società civile che sceglie di fare i propri acquisti in quel negozio.
Un acquisto che non è solo sostegno economico per i danni subìti ma vuole essere una risposta corale di un popolo che sceglie da che parte stare e lo manifesta. Fuori dal negozio, appostato in qualche angolo, deve pur esserci stato qualcuno che ha raccontato al boss del quartiere come quell’attentato all’imprenditore ha reso quell’impresa più forte e cosa più importante, è riuscita a coinvolgere la comunità cittadina dando vita a un legame, non episodico, tra le scelte di onestà e legalità dell’impresa e la gente onesta della città.
La Cooperativa della Valle del Marro, nata nel dicembre del 2004 da un progetto di Libera, utilizza 60 ettari di terreni agricoli confiscati alla ‘nadrangheta, e da sempre subisce ininterrottamente attentati, minacce e danni per mano della criminalità. L’ultimo è del 19 giugno 2011: cinque ettari di uliveto bruciato (la Cooperativa lo scorso anno ha ricevuto un premio per la qualità dell’olio prodotto) che ha pregiudicato 5 anni di lavoro su quei terreni. Ad oggi se si digita su google “incendio Valle del Marro”, sono 102.000 i risultati che il motore di ricerca restituisce, la lettura di una decina di link consente alla propria coscienza di avere un moto di ribellione verso chi, non solo pregiudica il futuro di quelle terre, ma tenta di fermarlo in ogni modo.
La ‘ndrangheta oggi come non mai, si sente minacciata dal futuro che tanta gente onesta sta costruendo. Ecco come una Cooperativa, della piana di Gioia Tauro, che ha nel suo statuto la lotta ad ogni tipo di mafia, genera e produce coscienza imprenditoriale ed è capace di collocarla sugli scaffali dell’azienda Italia. Sta nascendo una nuova capacità imprenditoriale legata all’investimento del capitale di legalità e giustizia contenuto in una coscienza imprenditoriale. Nascono le prime cattedrali fatte con i materiali del coraggio, del bene comune e del rispetto verso l’uomo e il suo ambiente. Sull’altare di queste cattedrali è ancora alto il sacrificio che si consuma, ma si ha la consapevolezza che da questa offerta nasce il desiderio di poter indicare un orizzonte di futuro alle nuove generazioni.
É la fatica di chi vuole rendere questo mondo migliore, che equivale a costruire strade nuove per consentire viaggi più confortevoli e sicuri; in precedenza solo piste e sentieri, la cui ambizione era quella di diventare autostrade a due corsie per ogni direzione, due corsie e non tre, perché la Calabria si sviluppa su terreni impervi. Un’autostrada fatta di gallerie buie, di viadotti, di curve indicate come pericolose ma, quasi sempre, su quegli acclivi che generano le curve, cresce una natura fertile e rigogliosa, e ad accogliere all’uscita dalle gallerie vi è un paesaggio mozzafiato, un infinito orizzonte che ospita lo sguardo passato finalmente dal buio alla luce, una luce piena, che rischiara mente e spirito, e proprio lì su quei viadotti, ti senti sospeso in un cielo da sempre azzurro.
Luigi Arcudi
Note 1. Le sfide dell’educazione – Economia e lavoro. Ufficio nazionale della Cei per l’educazione e la scuola e l‟università. – Servizio Nazionale della Cei per il progetto culturale. Quaderno n. 3. Pg. 31 – Edizioni EDB