Un panino con la ‘nduja (2)
Un panino con la ‘nduja – parte seconda
Ovvero, La leggenda del pianista sull’oceano
Per meglio comprendere questi miei pensieri sparsi, ho riletto il mio primo articolo, dallo stesso titolo (Un panino con la ‘nduja), scritto nel 2013 e pubblicato fra l’altro sul sito www.masci-rc4.it.
Raccontavo di un luogo strano, particolare, lungo la strada a scorrimento veloce Lamezia Terme-Catanzaro, all’altezza dello svincolo per Settingiano, dove da più generazioni si offrono delle colazioni caserecce, in un casolare antico, accessibile anche a piedi dalla trafficata strada attraverso una scaletta “a forbice”, lì piazzata ormai da decenni, che permette di scavalcare la recinzione. E raccontavo anche delle perle di saggezza che, grazie alla varietà degli avventori attirati dai gustosissimi panini, ogni volta mi venivano donati in quegli incontri apparentemente per soddisfare i bisogni materiali ma in realtà che andavano molto oltre.
Ma ciò che mi è accaduto l’ultima volta ha dell’incredibile!
Difatti, le mie visite più o meno a cadenza mensile presso questo luogo formativo non sono cessate, ed in particolare il suo gestore, chiamiamolo Michele, è molto contento di vedermi, perché sa che io non chiedo un panino specifico, ma mi fido del suo estro e dei suoi ingredienti salutari, fra cui la famosa ‘nduja.
Tornando all’accaduto, la discussione più recente ha preso una piega particolare, direi sulla “mondialità”.
Uno dei presenti, difatti, raccontò del suo viaggio in Argentina, dei posti magnifici, del calore della gente. A questo punto, il nostro magnifico gestore, tagliando panini e mettendoci dentro di tutto, ci interruppe per raccontarci di questo Paese, che spazia dalle montagne dei mille colori e dal cielo cobalto nel nord-ovest andino, dominato dalla possente mole dell’Aconcagua, massima vetta americana, alle imponenti cascate dell’Iguazu nel mare verde della vegetazione tropicale, dalle immense pianure dove pascolano milioni di bovini sorvegliati da taciturni gauchos a cavallo, i moderni cow-boys del sud, alla regione alpina dei grandi laghi, ai ghiacciai perenni della Patagonia, schiacciati tra le Ande e l’Atlantico, fino alle foreste incendiate di rosso dalla luce metallica della fine del mondo nella Terra del Fuoco, estremo baluardo meridionale del continente e delle terre emerse, dove si incontrano le acque di due oceani, Atlantico e Pacifico.
Un altro avventore, invece, raccontò per vicinanza geografica della sua esperienza di camionista in Cile, e di quando arrivò in cima al Machu Picchu. Anche qui, dopo pochi minuti, svuotando la parte finale di una boccia di melenzane sott’olio, il nostro Michele precisò che Machu Picchu in realtà è solo marginalmente in Cile, ma è soprattutto in Perù, e spiegò che la grandiosa città di Machu Picchu rappresenta una concreta sfida dell’uomo nei confronti della natura; costruita sul dorso di uno sperone sporgente nella parte intermedia di una montagna, dove la città sospende i propri palazzi ed i propri templi sul granitico canyon di Urubamba, a penzoloni sopra il fiume..
Anche io tentai di inserirmi nel discorso, informando i vari astanti ormai familiari, del mio prossimo viaggio in Kenya, sul lago Vittoria, per una missione di cooperazione allo sviluppo. E anche sul Kenya, tagliando magistralmente un salamino lametino, sempre Michele , mi precisò che il lago Vittoria è il lago di acqua dolce più grande dell’Africa equatoriale, e la sua grandissima dimensione, lo fa diventare anche il luogo dei naufragi più terribili. Il Nilo Bianco nasce proprio da lì, e nelle sue acque è contenuto il pesce persico del Nilo, pesce feroce che ha estirpato tutte le altre specie presenti nel lago, a tal punto che incomincia a mangiare i suoi simili… anche se oggi, è la pesca del pesce persico che fa girare l’economia locale.
Dopo qualche altro intervento, il tempo è scaduto e quindi mi sono avvicinato per pagare il conto. Ma non ho resistito a una domanda: “Michele, ma quanti viaggi hai fatto, ma in quanti posti sei stato per sapere tutte queste cose?”
Lui, candidamente, mi ha risposto che, in realtà, non si è mai mosso dal suo casolare di terza generazione, e ha fatto sempre panini per gli avventori. Ma conosce il mondo, attraverso i racconti e i dettagli carpiti dai tanti viaggiatori di ritorno che ha incontrato proprio lì, in questi dieci metri quadrati dove offre il proprio panino con la ‘nduja.
Nel viaggio di ritorno, in macchina, ho pensato molto a questa conclusione, e ne ho fatto una lezione di vita. Il destino ci dà delle opportunità, delle chances, che sta a noi cogliere o meno. Ma ci dà anche la possibilità, se la vita gira in un altro modo, di vivere delle sensazioni, delle emozioni, attraverso gli altri, i loro racconti, la loro passione, le loro esperienze, basta saperle coglierle.
E’ come nel film di Tornatore “La leggenda del pianista sull’oceano”: il protagonista, che non era mai sceso da una nave, conosceva perfettamente la terraferma, attraverso i viaggiatori che nei decenni andavano dall’Europa all’America.
Chissà se e quando, anche io riuscirò mai a conoscere e riconoscere qualcosa e qualcuno, ascoltando chi mi sta accanto, magari mangiando un panino, di fronte a un PC, nei corridoi di una scuola, nelle scale di un ufficio.
Pietro Milasi
MASCI RC 4