Uomini che piantano alberi
Pubblichiamo alcune riflessioni di giovani che hanno partecipato ai diversi campi della legalità, svolti in questa estate 2011 a Pentedattilo, ai quali hanno preso parte, come organizzatori o relatori, anche molti Adulti Scout della nostra Comunità MASCI Reggio C. 4.
Giorgia: Le lacrime al volto, la voce spezzata, la voglia di raccontarsi dei famigliari delle vittime della ‘ndrangheta, il loro bisogno di trasmetterci rabbia e non compassione, la loro fiducia in noi: elementi questi che mi hanno fatto capire, sin dal primo giorno, che ciò che stavo per vivere sarebbe stato qualcosa di fantastico, qualcosa che mi avrebbe cambiata, che mi avrebbe resa più consapevole di ciò che mi sta intorno. Qualcosa che mi avrebbe trasformata da spettatrice passiva a partecipante attiva nella lotta alla mafia. I 10 giorni successivi hanno potuto soltanto confermare queste mie aspettative. Ogni giorno c’era qualcosa in grado di sorprendermi, ogni giorno era il massimo. Ho vissuto emozioni che, ad una settimana di distanza, sono ancora in circolo nel mio corpo e ricordo perfettamente. Credo che non mi fosse mai successo prima. Anche tutte quelle lacrime, al momento della verifica, hanno dimostrato nel modo più efficacie possibile quanto ognuno di noi si sia sentito parte della nostra grande famiglia, quanto ognuno di noi abbia voluto donare se stesso, quanto ognuno di noi lascerà sempre una parte di cuore a Pentedattilo e, non per ultimo, quanto siano stati grandi Davide e Domenico. Senza loro non avremmo potuto vivere tutto ciò. Ora però è il momento di trasformare queste lacrime in voglia di fare, di combattere, di far sentire la nostra voce, di toglierci dalla schiera degli indifferenti e di non tornarci mai più.
E’ il momento di dire BASTA. “… E se ognuno fa qualcosa” Un immenso GRAZIE e un fortissimo abbraccio a tutti voi è di dovere, amici miei. A presto..
Eraldo Neri– SPI Emilia: Aspettavo di fare riflessioni sulla bella esperienza di Calabria ma ancora provo forti emozioni nel ripensare ai valori di quel campo,alle persone incontrate. Alla grande lezione di umanità,di intelligenza,di determinazione anzi di caparbietà nel perseguire il riscatto del popolo calabrese. Ho rivisto la bella Calabria.Bella cornice naturale di un mosaico complesso. All’interno i bei volti di Davide,Domenico,Beppe,Mimma,Lea.Ma la lista dovrebbe essere lunghissima da chi ha vissuto e lavorato con noi ogni giorno come Pino e Ben,ai componenti le varie associazioni locali che hanno partecipato alla riuscita del campo sotto i diversi aspetti. L’impegno di Associazioni importanti e di rilevanza nazionale come l’ARCI, la CGIL,lo SPI, l’Associazione Pro Pentedattilo.Poi il contrasto coi volti di Luca, Andrea, Domenico, Romeo (i ragazzi del CPA). Bellissimi e tristi. Rispecchiano le pene della Calabria dimenticata,sfruttata,abbandonata ai poteri di diverso genere in primo luogo la ndrangheta. Sembra di vedere,di toccare l’assenza dello stato e delle altre istituzioni in tutti i settori. La disoccupazione,in particolare quella giovanile da il via ad una lunga serie di problemi. La sfiducia in tutto ciò che possa apparire pubblico e che diventa di nessuno. E’ inevitabile che si scambi il diritto con il favore,e tanti sono pronti al favore. Il politico di turno per il voto. Il lavoro forse si ma in nero. La ndrangheta una parvenza di favore che ti verrà a costare enormemente più di quanto hai riscosso. Le persone incontrate,in prima fila nella lotta per i diritti e la legalità ci fanno sperare in una Calabria migliore. In un’Italia migliore. Alla lunga le cose giuste,supportate dall’esempio sono contagiose. Avere affrontato, discusso insieme di tanti problemi è servito a noi tutti,ci ha certamente arricchiti, se sappiamo mettere a frutto quanto ascoltato,visto,toccato con mano servirà alla Calabria all’Italia. L’avere condiviso tutto in questi dieci giorni è stata una esperienza meravigliosa. Lavoro, preparazione dei pasti,pranzare e cenare insieme. Poi condividere negli incontri problemi,prospettive per il futuro,che come logico sarà di più in mano ai giovani. Quei giovani sensibili che siete tutti voi. Ma tanti altri nel paese. La verifica fatta l’ultimo giorno ha confermato il valore dello stare insieme. Quel “no porca miseria non volevo piangere” detto da Ylenia è patrimonio di tutti. Chi è riuscito a trattenere le lacrime e chi, in molti, no. E quella commozione non era della giornata,non era solo per l’addio. Era nata fin dal primo giorno. Stare insieme guardarsi negli occhi,capire che si condivide senza parlare. Constatare alla fine che ci sono dei giovani di questo tipo consola. Inorgoglisce l’avere partecipato a un’esperienza del genere. Mi rimane qualche rammarico. Uno è per il poco tempo che non ha permesso di conoscerci bene e non conoscerci tutti. Due di non avere incontrato altri giovani calabresi. Tre di non avere socializzato subito con i nostri quattro amici più sfortunati. Ma ritengo che loro siano stati un valore aggiunto nel campo. Quando ho visto Andrea appartato da solo mi è scoppiato il cuore. Avrei tanta voglia di vederli. Di vederci tutti. Ma appena pronto il video vi chiamo tutti. Grazie a tutti di essere stato trattato come un giovane E di avere vissuto così intensamente quei dieci giorni.
Martina: Parto dalla fine. E’ il 6 agosto del 2011, sono in aeroporto ad aspettare che apra il gate e arrivi l’aereo che mi riporterà a Roma. Mi ero ripromessa di tenere un diario durante i miei dieci giorni calabresi. Un diario semplice, di nozioni ed elenchi: ho visto questo, sono stata lì. Non l’ho fatto. Mi sono confrontata con l’esterno, mai con l’interno, che ora mi reclama. Faccio un gioco, provo a scrivere una sorta di cronologia di cose e luoghi visitati. I tre giorni di pre-campo a Riace. Le prime impressioni. Mi ricordo un lungo viaggio in bus verso il santuario dei Santi Cosma e Damiano, l’arrivo nel pieno pomeriggio e nel pieno pomeriggio il pranzo! Le lunghe camerate, maschile e femminile; Lea e la sua intelligenza pratica, che non può sfuggirti a colpo d’occhio. Mimma. La prima passeggiata a piedi verso il borgo. Ivo che assomiglia a Tiziano Terzani. Quel bel posto in alto, sul mare. Iole e Maura che mi facevano domande pensando che fossi dell’organizzazione. Il mio disorientamento durato non più di mezz’ora. Le prime dinamiche di gruppo, cerchi di persone e parole. L’immersione per le strade di Riace, la bimba che mandava baci mentre una donna di bottega raccontava il suo arrivo in Italia. Mimmo Lucano. Le andate ed i ritorni in santuario, a piedi. Vanessa che mi racconta il suo lavoro, Ivo che inventa storie di grotte e di antenati. Il lavoro in cucina, Rita che non mancava un solo lavaggio piatti e i “folletti della notte” che volevano farla riposare. Le stelle di Stignano, la mensa degli immigrati. Le conferenze di mare che si allungavano fino a farci saltare l’aperitivo.
Quando arriviamo a Pentedattilo siamo già squadra, siamo già pendici di montagna sulle quali il peso dei temi trattati e del lavoro scivola. Inizia il campo, incontriamo la terra. La cooperativa Rinascita e Luca e Iole che intonano canzoni popolari raccogliendo pomodori. La villa confiscata, la sua inaugurazione e l’intervento di Giacomo che dice alla platea di aver incontrato in Calabria persone con due palle così. L’orgoglio con cui indossavamo le nostre maglie color arancio. Noi sdraiati con la schiena sull’asfalto mentre Rita mi chiedeva cosa ne pensassi, antropologicamente, di quel momento. Mimmo e Davide che ci avevano spaventati elencando le regole dell’ostello, tra cui una che proprio non digerivamo: la struttura chiude a mezzanotte, massimo mezzanotte e mezza. Non penso che siamo mai rientrati tutti prima delle due. I limoncelli di fine serata, quelli di inizio serata. Le botteghe di Pentedattilo, anche quella kitsch. La biblioteca delle donne. Carmelo che per accoglierci ci offre vino rosso di sua produzione. Carmelo che ci porta la colazione prima del lavoro, cornetto e caffè. Ci fa mangiare e poi chiede Allora, come sono questi terroni?
I relatori, tutti. Mimmo Nasone coinvolgente più di altri. La gentilezza, la bellezza che qualcuno di noi ha citato durante la verifica. La bellezza che salverà il mondo. Il sentirsi a cuore aperto. Mangiare con gli occhi il paesaggio, Vanessa che ne è commossa. Il pranzo surreale di cinquanta persone nella piazza di un paese fantasma. La capra tagliata con coltello da cacciatore, il quadernino di un bimbo che il 22 ottobre del 1968 scriveva i suoi pensieri, lasciati lì, scappando via. La sorgente, il bagno nel fiume, il sole che calma e asciuga. La tranquillità di Toni Spanò, la dolcezza di Sara Pandini, l’entusiasmo caldo di Claudio, la simpatia di Tiziano. I silenzi di Giacomo, gli occhi di Pietro. Tullio de Piscopo!
(è arrivato il mio aereo) Le tovaglie a quadri, il cocomero e il caffè con la crema. Montagne di piatti, il sapone di marsiglia e i panni stesi. La pasta col sugo di melanzana, i quattro vegetariani. I minuti contati, i capelli bagnati, gli sguardi curiosi. Peppe Fanti. Giorgio che dorme dietro il cappello. Toni Fortugno che, col mio ipod nelle orecchie, canta Il più grande spettacolo dopo il Big Bang. Il petto in fuori dei bergamaschi, la parlata di Barbara. Michele che dice ‘namo, tipo. Rita che ride forte, noi che la seguiamo. Maura che ci definisce La meglio gioventù. La tarantella davanti una chiesa, esorcismo di massa. L’Etna che erutta. Seduta in aereo mi accorgo di essere stata stordita dall’incontro con voi. Mi sento inebriata. Sento, in conseguenza di voi, di avere qualcosa che brilla da qualche parte, dentro.
Gianluca: Sono tornato a casa da solo un giorno e già mi sento vuoto. Sento che mi manca qualcosa. Mi sento inutile. Sento la mancanza di un’infinita lista di cose. Sguardi, parole, risate, fatica, cibo.. Non riesco a trovare qualcosa che non mi sia piaciuto in questi 10 giorni, tutto è stato perfetto ed emozionante. Vi ringrazio tutti di cuore, dal primo all’ultimo. Ma le parole non bastano. Come si può spiegare quello che abbiamo vissuto tutti insieme pochi giorni fa? Come si può spiegare l’amicizia e l’affetto che sono nati in così poco tempo?
Io non trovo le parole. Quando l’altro giorno ho detto che ogni mattina al risveglio mi sentivo a casa..lo dicevo con il cuore. Siamo stati una bellissima famiglia ed io continuerò a sentirmi parte di essa per tutta la mia vita. Una parte di me è rimasta a Pentedattilo, in Calabria e non solo. E’ rimasta in ogni splendido paesaggio che ho amato, in tutte le parole, emozionanti o piene di speranza che ho registrato dentro di me, in tutti gli sguardi, così autentici, che i miei occhi hanno incontrato.
Porterò per sempre con me un pezzetto di ognuno di voi. Un pezzetto autentico, sincero, forte e splendido. Ho imparato molte cose che in altre occasioni non avrei mai imparato. Ho visto con miei occhi ed ho toccato con le mie mani la voglia di cambiare, la speranza in un futuro senza ‘Ndrangheta che non soltanto i cittadini ma anche i vertici più alti della società condividono. Questo mi carica molto. Ormai ho iniziato un impegno che voglio mantenere. Spero di avere il piacere di rincontrarvi tutti un giorno.
Grazie di cuore, siete fantastici.
Micol: Quando sono partita non sapevo; non sapevo cosa avrei fatto esattamente, non sapevo chi avrei incontrato, se mi sarei divertita, se avrei avuto voglia di tornare a casa subito… Quando sono arrivata ho respirato subito un’aria nuova, di solidarietà tra tutti noi, di amicizia e di unione per combattere la Mafia tutti insieme. Era un’aria fresca e piena di novità. Dopo i primi tre giorni pensavo di avere capito cosa mi aspettava, ma in realtà dovevo scoprire ancora tutto e tutti. Lavorare nei terreni confiscati è stata un’esperienza oltre che stancante anche indimenticabile. Finalmente abbiamo fatto qualcosa di realmente concreto. Le testimonianze che abbiamo sentito hanno lasciato qualcosa in me, qualcosa che mi ha cambiato e che mi ha fatto capire meglio di cosa si parla realmente quando si dice “Mafia”. Ora sono a casa, c’è la mia famiglia qua con me, ma é da ieri alle 10 e mezza, quando sono scesa dal treno (con 2 ore di ritardo), che mi manca qualcosa. Più che altro mi manca qualcuno, mi mancate tutti voi. Mi mancano molte cose dello stare insieme come ridere per delle cavolate, o pulire i piatti insieme come per gioco. Mi manca quell’aria piena di allegria e di determinazione che ci univa tutti come una grande famiglia. Siamo stati insieme solo pochi giorni. Troppo pochi per conoscerci a fondo, ma tanti per far si che nascessero nuove amicizie. GRAZIE davvero per i meravigliosi 10 giorni che abbiamo passato insieme.
Claudio il papà di Laura (una delle giovani volontarie ci manda una breve email dopo aver ascoltato il racconto della figlia): Non so come ringraziarvi per tutto quello che fate. Vi ammiro. Un abbraccio dall’afoso Nord.
Deborah Monari – Valeria Passeri – Micol Sardella – Maria Cristina Marchesini (gruppo di Bologna): Maggio 2010, un gruppo di ragazzi della scuola media Ungaretti di Bentivoglio (Bologna) rientra in città da un viaggio a Palermo con la Nave della Legalità, manifestazione in ricordo dei giudici Falcone e Borsellino… nasce in noi il desiderio di approfondire la conoscenza delle problematiche sociali e culturali del Sud e di dare un contributo reale e concreto partecipando ai campi di ARCI - Associazione Pro Pentedattilo. È la mattina del 21 luglio 2011 quando arriviamo alla stazione di Reggio Calabria, una terra a noi poco conosciuta. Veniamo accolti calorosamente dai rappresentanti dell’ARCI, della CGIL e dello SPI di Reggio Calabria. Siamo frastornate dal viaggio e dalla grande gentilezza, ma ci risvegliamo davanti ad una bella colazione che ci viene offerta in un bar della città. Subito dopo si parte alla volta di Caulonia dove resteremo per tre giorni, prima di arrivare a Pentedattilo, dove inizieremo a vivere la vita comunitaria dei campi. Questi tre giorni ci serviranno per conoscerci ed amalgamarci e diventare un bel gruppo, formato da persone capaci di relazionarsi, rispettose degli impegni quotidiani e delle idee di ciascuno. Il 24-07 arriviamo a Pentedattilo, la sistemazione in ostello la presentazione di Davide e Domenico del programma del campo, il racconto di Peppe Toscano presidente dell’Associazione Pro Pentedattilo promotore del progetto Borghi Solidali e il primo contatto con il paese. Il giorno seguente cominciamo il lavoro vero. Ci dividiamo in diversi gruppi: alcuni raccoglieranno gli ortaggi, una parte dei quali arriverà sulla nostra tavola sapientemente cucinata dalla cuoca Roberta, un gruppo riordinerà l’ostello e aiuterà in cucina,altri puliranno gli spazi aperti e la stalla di Villa Placanica, confiscata all’ndrangheta, altri saliranno in paese per continuare il lavoro di recupero di un luogo che sembrava destinato a scomparire. Con questo recupero del paese si vuole portare sviluppo in Calabria, una terra che resiste e che lotta per cambiare. Per noi ragazzi è importante lavorare nei campi confiscati perché ci fa sentire utili, ci fa sentire di essere una forza vitale contro la’ndrangheta. Scopriamo la fatica del lavoro manuale che a volte, nella pausa pomeridiana, ci fa svenire sul letto, ma nello stesso tempo ci sentiamo soddisfatti del piccolo contributo che diamo, perché noi ragazzi più che di tante parole, abbiamo bisogno di concretezza. L’ostello e Villa Placanica sono il simbolo di un piccolo paese che si oppone all’ndrangheta e che per amore della propria terra vuole creare una rete sociale basata sulla legalità che si opponga ad un diffuso modo di sentire e di vivere che sostiene tacitamente, e a volte inconsapevolmente, la criminalità organizzata. Forse bisognerebbe indignarsi di più ed essere più uniti, meno indifferenti . In questi giorni questa terra ci ha mostrato il suo senso dell’ospitalità, si è presentata a noi con il suo “favorite” all’ennesima potenza.
Molti sono stati gli incontri interessanti che si sono tenuti nell’ostello, ma quello che ci apre gli occhi è stato l’incontro con il magistrato, dott. Prestipino. Ci parla dell’antica cultura calabrese, ma anche dell’isolamento di questa terra, ci spiega come alcune famiglie abbiano raggiunto ricchezza e potere e come da pastori siano diventati imprenditori attraverso i sequestri di persona, il mercato della droga, l’edilizia, lo smaltimento dei rifiuti… Ricchezza e potere che ancora vengono conservati grazie al rapporto con altre famiglie dell’ndrangheta, con i politici che cercano appoggi elettorali, con funzionari corrotti; ma è soprattutto il consenso sociale che sostiene la’ndrangheta, consenso che non vede nelle istituzioni statali la possibilità di avere una risoluzione dei problemi personali, quindi si rivolge alla famiglia importante del paese per avere una risposta immediata. Nasce così la mentalità della “ telefonata ad un amico che ha certe conoscenze …“o della “visita alla famiglia importante “ per avere favori, per accorciare i tempi di risoluzione di qualsiasi problema. Salta così il rispetto della legalità e coloro che la vogliono ripristinare, trovano una strada con una salita molto ardua. Allo Stato si chiede assistenzialismo, ciò fa morire l’iniziativa privata. Il magistrato ci dice anche che le stragi di stato e il terrorismo sono stati sconfitti perché non hanno trovato consenso da parte dei cittadini; per combattere la mafia occorre l’antimafia sociale che coinvolga tutti i cittadini per arrivare a rompere il consenso sociale. Bisogna uscire dall’assistenzialismo ed avviare un vero sistema produttivo basato sulla liberalizzazione e sulla concorrenza. Il rappresentante di Libera, Salvatore Mafrici, anche lui sostiene che l’assistenzialismo deve cessare, ma ci deve essere corresponsabilità e tutti dobbiamo mettere in campo impegno e azione contro il raket, per questo nasce “Reggio libera Reggio. La libertà non ha pizzo”. Sessanta sono le associazioni che hanno aderito per affiancare chi aderirà all’iniziativa anti pizzo.
Dopo gli incontri arriva la sera che vive della preparazione delle valigie, ci colpisce un’ondata di tristezza anche se si ha voglia di rivedere i propri cari. Ma subito lo spirito di allegria del campo si risveglia al suono di un tamburello e di un organetto e tutti veniamo coinvolti in una scatenata tarantella. Ci accorgiamo che siamo diventati un gruppo che fatica a lasciarsi ora che è arrivato il 30 luglio, l’ultimo giorno del campo, perché vorrebbe continuare l’esperienza che lo ha arricchito, un’esperienza che ha lasciato il segno e la voglia di continuare ad impegnarsi in campo sociale in un futuro prossimo, perché tutti i componenti si sentono diversi, si sentono cittadini attivi e non turisti distratti o indifferenti dei fatti che accadono nel territorio dove viviamo.
Maria SPI Cesena: L’esperienza che hò fatto con voi resterà sempre nella mia mente e nel mio cuore. Ho imparato prima di tutto come si vive in comunità dividendo tutto della giornata, io non avevo mai fatto questo per tanti giorni. Quello che non scorderò mai sarete voi ragazzi con la vostra gioventù, la vostra allegria, ma in particolare la vostra sensibilità nei confronti del tema che hà portato tutti noi a Pentedattilo. Sto raccontando a quelli del mio giro la mia esperienza vissuta nel campo e vi dirò che qualcuno mi invidia e avrebbe voluto essere stato lì. Invio un grosso abbraccio ai ragazzi di ARCI Davide e Domenico , senza di loro non sarebbe stato tutto così interessante!Non so ci rivedremo ancora ma sappiate che adesso ci siamo anche NOI con VOI a combattere gli INDIFFERENTI.